(di Paolo Petroni)
Un attore all'inizio rompe un vaso di
coccio e deve rifarlo sul tornio con l'argilla. Si capirà che è
una metafora e che modellarsi, anche per gli esseri umani, non è
facile, e magari ne nasce pure qualcosa di curioso (nel caso un
sesso maschile) ma sempre con un senso. "Basta saper da dove
guardare, basta saper aspettare e poi qualcosina si scopre
sempre, accade" è una delle frasi chiave di questo 'Qui Som?'
(Chi siamo?) firmato da Camille Decurtye e Biai Mateu Trias per
il Baro d'evel catalano e portato a Roma da Romaeuropa festival.
E allora c'è l'invito iniziale a non guardare il telefonino,
a resistere durante lo spettacolo, e magari alzare gli occhi e
scoprire che esistono gli altri che, sarà chiaro, è un po' la
morale di questo spettacolare lavoro di musica, danza,
recitazione, tra teatro e circo, gioioso, inquietante e
grottesco sulla nostra condizione, l'individualismo e invece la
necessità di agire tutti assieme come un'allegra, intonata
orchestrina che indica la via, esce allo scoperto e, seguita dal
pubblico, va in piazza a suonare e trascinare tutti in una festa
e ballo collettivo davanti al teatro.
Le personali maschere d'argilla, che ognuno si modella a
piacere, sono scomparse e, al canto di quello che ricorda uno
spiritual (l'interprete, la gran voce è quella dell'attrice di
colore della compagnia), mentre tutti battono il ritmo coi piedi
marciando, viene in mente When the saints go marching in
(musiche di Pierre-Francois Dufour). Gli autori e registi fanno
alcuni nomi come punti di riferimento e il principale ci pare
Tadeusz Kantor, poi Pina Baush che si colgono al fondo della
rielaborazione personale, ma anche il pittore Miquel Barcelò e
il regista cinematografico Bela Tarr.
Alle spalle dei momenti collettivi di allegria e ballo e che
si fa spesso molto inquietante e scuro, con gli interpreti
vestiti di nero ma tutti inzaccherati d'argilla, c'è una gran
massa come appunto d'argilla, che si muove e cresce, come un
grande animale (scena e costumi di Lluc Castells), una montagna
che partorisce una bambina, che imprigiona altri esseri che
faticano a liberarsi e uscire e che, alla fine, vomita una massa
di plastiche che minacciano la sopravvivenza di tutti quanti.
"Il futuro è oggi, bisogna sceglierlo", è la frase precedente
che torna alla mente, assieme all'invito che bisogna provarci
comunque e tutti assieme. Assieme come lavora tutta la compagnia
e i 12 attori, ballerini, musicisti di questo 'Qui Som?', bravi
e sorprendenti appunto come per certi improvvisi numeri da circo
di questo lavoro che alla fine è comunque una festa di speranza,
applauditissimi, anche a scena aperta.
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