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Qui Som?, festa nera e gioiosa del Baro d'evel al Romaeuropa

Qui Som?, festa nera e gioiosa del Baro d'evel al Romaeuropa

Teatro, danza, musica per un futuro di impegno tutti assieme

ROMA, 27 settembre 2024, 13:52

Redazione ANSA

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(di Paolo Petroni) Un attore all'inizio rompe un vaso di coccio e deve rifarlo sul tornio con l'argilla. Si capirà che è una metafora e che modellarsi, anche per gli esseri umani, non è facile, e magari ne nasce pure qualcosa di curioso (nel caso un sesso maschile) ma sempre con un senso. "Basta saper da dove guardare, basta saper aspettare e poi qualcosina si scopre sempre, accade" è una delle frasi chiave di questo 'Qui Som?' (Chi siamo?) firmato da Camille Decurtye e Biai Mateu Trias per il Baro d'evel catalano e portato a Roma da Romaeuropa festival.
    E allora c'è l'invito iniziale a non guardare il telefonino, a resistere durante lo spettacolo, e magari alzare gli occhi e scoprire che esistono gli altri che, sarà chiaro, è un po' la morale di questo spettacolare lavoro di musica, danza, recitazione, tra teatro e circo, gioioso, inquietante e grottesco sulla nostra condizione, l'individualismo e invece la necessità di agire tutti assieme come un'allegra, intonata orchestrina che indica la via, esce allo scoperto e, seguita dal pubblico, va in piazza a suonare e trascinare tutti in una festa e ballo collettivo davanti al teatro. Le personali maschere d'argilla, che ognuno si modella a piacere, sono scomparse e, al canto di quello che ricorda uno spiritual (l'interprete, la gran voce è quella dell'attrice di colore della compagnia), mentre tutti battono il ritmo coi piedi marciando, viene in mente When the saints go marching in (musiche di Pierre-Francois Dufour). Gli autori e registi fanno alcuni nomi come punti di riferimento e il principale ci pare Tadeusz Kantor, poi Pina Baush che si colgono al fondo della rielaborazione personale, ma anche il pittore Miquel Barcelò e il regista cinematografico Bela Tarr. Alle spalle dei momenti collettivi di allegria e ballo e che si fa spesso molto inquietante e scuro, con gli interpreti vestiti di nero ma tutti inzaccherati d'argilla, c'è una gran massa come appunto d'argilla, che si muove e cresce, come un grande animale (scena e costumi di Lluc Castells), una montagna che partorisce una bambina, che imprigiona altri esseri che faticano a liberarsi e uscire e che, alla fine, vomita una massa di plastiche che minacciano la sopravvivenza di tutti quanti.
    "Il futuro è oggi, bisogna sceglierlo", è la frase precedente che torna alla mente, assieme all'invito che bisogna provarci comunque e tutti assieme. Assieme come lavora tutta la compagnia e i 12 attori, ballerini, musicisti di questo 'Qui Som?', bravi e sorprendenti appunto come per certi improvvisi numeri da circo di questo lavoro che alla fine è comunque una festa di speranza, applauditissimi, anche a scena aperta.
   

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