Lavoro non retribuito, soprattutto se culturale. Le professioni umanistiche infatti, nei paesi delle aree interne, sono considerate perlopiù un hobby. E poi c'è il problema della cristallizzazione di ruoli tradizionali, con uomini che trascorrono le ore del tempo libero, o la loro intera terza età, impalati in piazza a ripetere pregiudizi che reiterano disuguaglianze e ingiustizie sociali, e donne trasformate in manichini per costumi tradizionali che non si indossano più ma utili a sponsorizzare il paese. Le stesse donne chiamate a sopperire a compiti di cura ancora più accentuati e pervasivi che altrove, a causa della carenza di servizi sanitari di prossimità.
Questi sono solo alcuni dei fattori problematici con cui convivono quotidianamente molte delle 13 milioni di persone che abitano il 30% del territorio nazionale, quello delle cosiddette aree interne. Fattori che l'antropologa Anna Rizzo ha evinto attraverso lo studio sul campo a contatto con alcune comunità di piccoli paesi, soprattutto quella di Scanno (L'Aquila) e della sua frazione di Frattura, dove l'autrice a più riprese, per anni, ha convissuto per poi riportare le sue osservazioni nel libro "I paesi invisibili. Manifesto sentimentale e politico per salvare i borghi d'Italia" (Il Saggiatore, 2022, 17 euro).
Dopo il Premio nazionale di cultura Benedetto Croce per la sezione letteratura giornalistica, dopo presentazioni in tutt'Italia e il Ted a Putignano, l'autrice 43enne, sabato 26 agosto è tornata a Frattura per quella che ha definito davanti al pubblico "la presentazione del libro per me più importante". Spopolamento e calo demografico non sono uno scandalo se nei paesi delle aree interne mancano le condizioni per fare reddito ed usufruire di servizi non negoziabili, quali sanità, istruzione, trasporti, connessione internet. “Pagherei le persone per andarsene dai paesi - si legge nel libro - per farle viaggiare e studiare, per metterle nelle condizioni di scegliere se tornare o rimanere a vivere altrove”, perché, spiega Rizzo, “vorrei riabitare i paesi in maniera consapevole e dignitosa”. Alcuni problemi calano dall’alto, dalle amministrazioni e dai governi, altri sorgono dal basso, dalle comunità che abitano i piccoli centri delle aree interne. Le politiche non sono incisive a sufficienza per garantire anche a queste comunità servizi essenziali che sono scontati per cittadini di centri urbani più popolosi. Politici e imprenditori si concentrano più a capitalizzare il profitto di questi luoghi facendo leva sul turismo, attraendolo con narrazioni romantizzate di questi luoghi in perenne lockdown, anziché sanare le carenze dei bisogni non negoziabili delle persone che ci vivono. E poi ci sono i problemi che sorgono e si reiterano dal basso, dalle dinamiche sociali e familiari dei paesi come il fatto di rendere gli adulti dei figli perenni, sulla cui creatività e voglia di sperimentarsi con scelte proprie si esercita un forte controllo sociale; chi sceglie di partire dal paesino per emanciparsi, infatti, è solito sentirsi carico di un fardello di senso di colpa come se facesse un torto alla terra e alla famiglia.
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