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Storia di Gracceva, il partigiano che salvò Pertini e Saragat

Storia di Gracceva, il partigiano che salvò Pertini e Saragat

Il libro di Massimiliano Amato pubblicato da Arcadia Edizioni

MILANO, 17 giugno 2024, 14:11

Redazione ANSA

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MASSIMILIANO AMATO, "GRACCEVA.
    L'AVVENTUROSA VITA DEL PARTIGIANO CHE SALVÒ PERTINI E SARAGAT" (ARCADIA EDIZIONI, PP 252, EURO 18,00). Arriva in libreria "Gracceva. L'avventurosa vita del partigiano che salvò Pertini e Saragat" (pag. 252, euro 18,00), nuovo libro del giornalista Massimiliano Amato, condirettore della "Critica Sociale", la storica rivista socialista fondata nel 1891 da Anna Kuliscioff e Filippo Turati. Pubblicato da Arcadia Edizioni nella collana di studi storici della Fondazione Pietro Nenni, il volume è il risultato di un lungo lavoro di ricerca presso archivi privati e pubblici e racconta la vita di Giuseppe 'Peppino' Gracceva, nome di battaglia 'Maresciallo Rosso', capo militare delle Brigate Matteotti a Roma e nel Lazio.
    Gracceva fu uno dei principali protagonisti della lunga opposizione armata alle truppe di occupazione tedesca nella Capitale: in quei drammatici e sanguinosi 271 giorni che andarono dal 10 settembre 1943 al 4 giugno 1944 diede prova di straordinario coraggio, partecipando con un ruolo di primissimo piano ad alcune delle azioni più clamorose messe a segno dalla Resistenza romana contro l'esercito invasore. Su ordine di Pietro Nenni, fu lui, con Giuliano Vassalli, Alfredo Monaco, Filippo Lupis e Marcella Ficca, a organizzare e a portare a termine la più grande beffa che la Resistenza romana riuscì a fare a Priebke e Kappler: l'evasione, il 25 gennaio del 1944, dal carcere di Regina Coeli dov'erano rinchiusi da tre mesi, di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat, due futuri presidenti della Repubblica che erano stati condannati a morte dalle SS.
    Catturato a sua volta agli inizi di aprile, Gracceva trascorse più di 50 giorni nella prigione tedesca di via Tasso, dove benché sofferente per i postumi di una grave ferita a un polmone, resistette eroicamente alle torture e alle sevizie a cui venne sottoposto, senza rivelare i nomi dei suoi compagni di lotta.
    Nel giugno del 1944, subito dopo la liberazione di Roma, fu tra i fondatori dell'Anpi, di cui fu a lungo dirigente nazionale. Fu membro della Consulta Nazionale dall'aprile del 1945 al giugno del 1946, e ricoprì incarichi politici e di partito, nel Psi. Tra gli inizi degli anni Cinquanta e la prima metà degli anni Settanta visse a Salerno. Morì nel 1978, pochi mesi dopo l'elezione al Quirinale del suo grande amico Sandro Pertini, il quale inviò un picchetto di corazzieri ai suoi funerali.
   

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