La bocciatura all'esame di Stato è
una paura comune e piuttosto diffusa tra gli studenti. Ma che, a
conti fatti, non trova un grande riscontro nella realtà.
L'incubo più ricorrente dei maturandi si scontra con i numeri
sugli effettivi "fallimenti". Basta osservare i dati delle
edizioni precedenti: ad esempio, lo scorso anno, gli studenti
bocciati dopo le prove finali sono stati appena lo 0,1%. Una
percentuale esigua, nonostante la scelta dell'allora ministro
dell'Istruzione Bianchi di reintrodurre le prove scritte dopo le
due edizioni segnate dalla pandemia, con la sola prova orale.
Vuol dire 1 bocciato ogni 1.000 candidati.
Ma il risultato dello scorso anno è solo l'ultimo di una
striscia positiva che dura ormai da diverso tempo. Perlomeno dal
2017, quando la percentuale di bocciati in sede d'esame aveva
sfiorato lo 0,5%. Nei cinque anni seguenti, invece, il tasso di
successo è addirittura aumentato costantemente, a dispetto dei
pesanti disagi vissuti durante l'emergenza sanitaria. Solo
andando ulteriormente a ritroso nel tempo, si potrebbe dire che
il destino non è sempre stato favorevole alle ragazze e ai
ragazzi di quinto: in quel caso, in più di un'occasione, la
'scure' della commissione si è abbattuta sulle loro teste.
Questo è quanto emerge dall'indagine condotta dal portale
Skuola.net che ha messo in fila i risultati degli esami di
Maturità che si sono susseguiti nel corso degli anni. La
"severità" della Maturità, però, non è stata determinata tanto
dalla durezza degli esami del passato quanto dalla maggior o
minore flessibilità da parte dei docenti di commissione. In
questo senso, il caso dell'esame di Maturità del 2007 è
significativo: in quell'occasione i bocciati furono il 2,1% del
totale dei candidati. Fu l'inizio di un periodo particolarmente
duro per i maturandi. Innanzitutto perché, da quel momento in
poi, sul loro percorso hanno trovato un nuovo ostacolo: lo
scrutinio di fine anno, il momento in cui il Consiglio di classe
decide chi ammettere all'esame.
Una novità assoluta, se si considera che la precedente Riforma
Berlinguer del 1999, di fatto, non poneva vincoli all'ammissione
all'esame. Una "selezione all'ingresso" che, dopo un decennio, è
diventata una consuetudine utilizzata dai docenti per evitare,
forse, la grande delusione all'esame: nel 2017 i bocciati prima
della Maturità furono il 3,9%, nel 2018 il 4%, nel 2019 il 3,9%.
Significativo, poi, quello che è successo nel 2021 e nel 2022:
forse a causa delle lacune accumulate durante la pandemia, i
consigli di classe furono costretti a fermare, rispettivamente,
il 4% e il 3,8% degli studenti di quinta superiore.
Per quanto riguarda, invece, i bocciati all'esame, sempre
nell'ultimo quinquennio, le percentuali confermano la
benevolenza delle commissioni d'esame. Tradotto in numeri, dal
2017 ad oggi si è assistito a un progressivo miglioramento delle
performance dei maturandi: dallo 0,5% di bocciature nel 2017,
passando per lo 0,4% del 2018 e lo 0,3% del 2019. Fino ad
arrivare ai tempi più recenti: nel 2021 e nel 2022, i bocciati
all'esame furono rispettivamente lo 0,2% e lo 0,1%.
Quando si arriva all'esame, dunque, almeno finora il
successo è quasi garantito. Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo
assistito anche alla crescita dei voti di diploma. Le cause,
probabilmente, sono da ricercare sempre nell'emergenza
sanitaria, che potrebbe aver indotto ad adottare un approccio
benevolo. Ma anche al format d'esame, con una commissione
interna in luogo di quella mista (il presidente è sempre rimasto
esterno). Nel 2021, con il solo maxi-orale, si è registrato un
netto aumento rispetto al 2019 (ma anche al 2020) dei diplomati
con il massimo dei voti (100/100): si è trattato del 13,5%,
contro il 5,6% di diplomati col massimo dei voti nel 2019,
quando era ancora in vigore il formato pre-pandemico.
Lo scorso anno, infine, il ritorno delle prove scritte ha
nuovamente rovinato i piani a molti maturandi: nella scorsa
edizione le studentesse e gli studenti usciti con cento sono
stati il 9,4%.
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