(di Manuela Correra)
Da un lato ci sono i medici, che sono
invitati a "essere molto attenti ai messaggi di natura
pubblicitaria che diffondono sui social", e dall'altro ci sono i
cittadini che "dovrebbero sempre verificare le informazioni
ottenute attraverso questi canali". E' un rapporto complesso
quello tra mondo medico-scientifico e social: "il punto è che
dobbiamo fare i conti con una normativa europea che equipara il
professionista sanitario alle imprese, e questo complica le
cose". E' la riflessione di Filippo Anelli, presidente della
Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), in
merito al caso della ragazza morta durante un intervento di
rinoplastica eseguito da un chirurgo individuato proprio sui
social.
Il medico e lo specialista, chiarisce Anelli all'ANSA, "è
libero di proporsi e fare pubblicità informativa sanitaria, ma
deve ovviamente rispettare delle regole e ci sono dei confini
precisi stabiliti dal nostro Codice deontologico". A delinearli
è l'articolo 56 del Codice: "La pubblicità informativa sanitaria
del medico e delle strutture sanitarie pubbliche o private - si
legge infatti - nel perseguire il fine di una scelta libera e
consapevole dei servizi professionali, ha per oggetto
esclusivamente i titoli professionali e le specializzazioni,
l'attività professionale, le caratteristiche del servizio
offerto e l'onorario relativo alle prestazioni. La pubblicità
informativa sanitaria, con qualunque mezzo diffusa, rispetta
nelle forme e nei contenuti i principi propri della professione
medica, dovendo sempre essere veritiera, corretta e funzionale
all'oggetto dell'informazione, mai equivoca, ingannevole e
denigratoria". Dunque, il medico può proporsi, poichè farsi una
pubblicità veritiera non è vietato, ma è importante che il
cittadino controlli le informazioni diffuse sui social. E'
infatti possibile per ciascuno, afferma Anelli, fare una serie
di verifiche: "Innanzitutto verificare i titoli pubblicizzati
dal professionista controllando sul portale della Fnomceo o
dell'Ordine di appartenenza, e nel caso in cui non esista un
Albo specifico si può ad esempio verificare l'iscrizione del
professionista a società scientifiche". Ciò premesso, rileva il
presidente Fnomceo, "va però detto che esiste un normativa
complessa e controversa. Come Ordine avevamo infatti proposto di
poter esercitare un'azione preventiva di controllo, ovvero di
poter intervenire approvando o censurando il messaggio
pubblicitario del singolo professionista. Ciò però, sulla base
delle norme attuali, non è possibile in quanto si configurerebbe
come una interferenza nella libera concorrenza, secondo la legge
sulla concorrenza che recepisce la direttiva europea Bolkestein
che impone una serie di regole a favore della concorrenza nel
settore dei servizi e delle imprese". In altre parole, commenta
Anelli, "l'Ordine non può limitare la libera concorrenza. Ma
tutto ciò si fonda su un principio sbagliato: risente cioè di
un'interpretazione della professione medica che ci vede
equiparati a delle imprese, ma noi siamo dei professionisti
sanitari e non imprese". A condizionare è dunque l'orientamento
dell'Europa: "E' un problema giuridico, ma non c'è al momento la
volontà di modificare la direttiva Bolkestein in merito a questo
aspetto". Una questione complessa e non nuova. Già nel 2014,
sottolinea Anelli, "la Fnomceo è infatti intervenuta su questo
tema ed è stata per questo multata dall'Autorità garante della
concorrenza e del mercato". La ragione, conclude, è che il
"Codice deontologico dei medici non può limitare appunto la
libera concorrenza, anche se si tratta di professionisti
sanitari e non di imprese".
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