"Negli ultimi anni il numero assoluto
di studi no profit e non sponsorizzati sta progressivamente
riducendosi. I finanziamenti per la ricerca scientifica in
Italia sono estremamente ridotti: l'80% degli studi è sostenuto
da aziende farmaceutiche (profit), e solo il 20% è 'no profit',
quelli cosiddetti accademici". A evidenziarlo è Giampaolo
Tortora, direttore del Comprehensive cancer center della
Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs di Roma,
nel corso della presentazione della campagna nazionale "La
ricerca siamo noi. Tutti insieme, dalla scienza alla cura",
promossa dall'Accademia del paziente esperto Eupati Aps (AdPee)
oltre a 47 tra associazioni pazienti, accademie e aziende
sanitarie, società scientifiche e centri di ricerca, presentata
oggi presso l'Ospedale Isola Tiberina - Gemelli Isola.
Nonostante l'Italia abbia sempre avuto "un ruolo di leadership
nella ricerca clinica", ha spiegato Tortora, la riduzione degli
studi no profit "è un grave danno", perché la ricerca clinica
"ha un impatto a diversi livelli: scientifico, sanitario, ma
anche sullo sviluppo delle attività assistenziali del Paese".
Dal punto di vista scientifico "dà la possibilità di sviluppare
farmaci e farli arrivare ai pazienti molto prima rispetto a
quando saranno disponibili una volta terminato il percorso",
mentre a livello sanitario "permette di ottenere farmaci quando
ancora sono in fase di sviluppo precoce e soprattutto la
possibilità di partecipare a tale sviluppo". Un impatto, quello
della ricerca, anche a livello economico: "Analisi recenti
dimostrano il risparmio sui costi 'evitati'", ha affermato il
professore. "Nelle sperimentazioni oltre al nuovo farmaco
vengono forniti anche i farmaci standard, di conseguenza se ne
giova il Ssn. Inoltre per ogni euro investito il guadagno
pubblico è di 3 euro, e nel caso di studi per farmaci oncologici
addirittura 3,35".
"Possiamo definire come una sorta di alleanza o di patto quello
che si realizza tra i ricercatori, i clinici e i pazienti", ha
concluso Tortora, che ha evidenziato: "Solo una struttura ben
organizzata, dotata di personale qualificato e competenze
specifiche può assicurare in loco la traslazione della ricerca
dal laboratorio al letto del malato".
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