Gli ultimi anni sono stati
caratterizzati da un rallentamento della ricerca e lo sviluppo
di nuovi antibiotici. Al punto che, delle 18 aziende
farmaceutiche che vi investivano nel 1990, nel 2016 ne erano
rimaste solo 6. Lo indica la pubblicazione dell'Organizzazione
per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) dal titolo
"Affrontare la sfida dei superbatteri".
"Di tutte le scoperte mediche del ventesimo secolo - si legge
- forse nessuna è stata più importante degli antibiotici". Con
l'aiuto della penicillina, ad esempio, tra il 1935 e il 1952 i
tassi di mortalità per polmonite e sepsi sono diminuiti dall'80%
al 20%. Negli ultimi anni, tuttavia, l'efficacia di questi
farmaci ha iniziato a diminuire, con la diffusione di resistenza
antimicrobica dovuta al fatto che agenti patogeni possono
sviluppare meccanismi di difesa per resistere agli effetti dei
farmaci. Ad aggravare la situazione la riduzione della ricerca
nel settore: le approvazioni di nuovi antibiotici da parte
dell'agenzia per il controllo dei farmaci degli Stati Uniti, la
Food and Drug Administration (Fda) tra il 1983 e il 1987 erano
16, mentre tra il 2008 e il 2012 appena 2. Nel quadriennio dal
2013 e il 2016 si è registrata una risalita, con 5 approvazioni.
Numeri però ancora troppo distanti da quelli degli anni
Ottanta. Il costo elevato dello sviluppo di antibiotici e la
bassa probabilità di successo (solo l'1,5% di quelli in fase di
sviluppo preclinico raggiunge il mercato) hanno portato
l'industria farmaceutica ad abbandonare la ricerca. Per il
futuro, sottolinea l'Ocse, servono incentivi di mercato per
invogliare a investire nel settore e migliori strategie per
prevenire malattie infettive.
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