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Un antico buco nero addormentato dopo un'abbuffata

Un antico buco nero addormentato dopo un'abbuffata

Dal telescopio James Webb, anche italiani nello studio

20 dicembre 2024, 09:58

di Elisa Buson

ANSACheck
Rappresentazione artistica del buco nero supermassiccio addormentato (fonte: Jiarong Gu) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Rappresentazione artistica del buco nero supermassiccio addormentato (fonte: Jiarong Gu) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il telescopio spaziale James Webb ha sorpreso un antichissimo buco nero supermassiccio durante un sonnellino dopo un'abbuffata cosmica: si tratta di uno dei più grandi buchi neri supermassicci inattivi mai osservati nell'universo primordiale e il primo individuato durante l'epoca della reionizzazione in cui le radiazioni ionizzanti hanno reso l'universo più trasparente. La scoperta è pubblicata sulla rivista Nature da un team internazionale guidato dall'Università di Cambridge a cui partecipano ricercatori dell'Istituto nazionale di astrofisica, della Scuola Normale Superiore di Pisa e della Sapienza Università di Roma.

Il buco nero immortalato è uno degli oggetti più antichi e massicci mai rilevati: ha una massa pari a 400 milioni di volte quella del Sole e risale a meno di 800 milioni di anni dopo il Big Bang. Probabilmente rappresenta la punta dell'iceberg di una intera popolazione di buchi neri a riposo ancora da osservare in questa epoca lontana.

Un'altra peculiarità è il suo rapporto con la galassia ospite: la sua massa rappresenta il 40% della massa stellare totale, un valore mille volte superiore a quello dei buchi neri normalmente osservati nell'universo vicino. "Questo squilibrio - spiega Alessandro Trinca, che ha lavorato per un anno all'Inaf di Roma - suggerisce che il buco nero abbia avuto una fase di crescita rapidissima, sottraendo gas alla formazione stellare della galassia. Ha rubato tutto il gas che aveva a disposizione prima di diventare dormiente lasciando la componente stellare a bocca asciutta".

La sua scoperta supporta l'ipotesi che fasi brevi ma intense di accrescimento siano essenziali per spiegare l'esistenza di questi giganti cosmici nell'universo primordiale.

"Questa scoperta apre un nuovo capitolo nello studio dei buchi neri distanti", aggiunge Stefano Carniani della Scuola Normale Superiore di Pisa. Grazie alle immagini del telescopio James Webb, gestito dalle agenzie spaziali di Stati Uniti, Europa e Canada, "potremo indagare le proprietà dei buchi neri dormienti, rimasti finora invisibili. Queste osservazioni offrono i pezzi mancanti per completare il puzzle della formazione e dell'evoluzione delle galassie nell'universo primordiale".

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