Audizione ieri alla Commissione
Agricoltura della Camera in merito al dossier Montepulciano, in
presenza dei rappresentanti di Abruzzo, Marche, Molise e Puglia.
Sotto la lente, la possibilità - data anche dalla bozza di
Decreto etichettatura e dalle direttive comunitarie - di
inserire in retroetichetta il nome del vitigno, osteggiata
dall'Abruzzo ma reclamata dalle organizzazioni di produttori di
numerose regioni italiane. Per il presidente dell'Istituto
Marchigiano di Tutela vini (Imt), Michele Bernetti, intervenuto
all'audit presieduto dal presidente Comagri Mirco Carloni:
"Sarebbe scorretto se ogni territorio si riservasse un vitigno,
impedendo agli altri produttori una comunicazione trasparente
nei confronti dei consumatori. Lo è ancora di più - ha insistito
- per un vitigno come il Montepulciano, che in Italia conta
35mila ettari coltivati di cui 2.900 solo nelle Marche.
L'impasse su un decreto che riforma in maniera importante
diversi aspetti del nostro settore è evidente: serve uno sforzo
di responsabilità da parte di tutti gli attori in gioco per
trovare una linea comune, in grado di sbloccare con urgenza la
situazione. Per questo - ha concluso Bernetti - esprimiamo la
nostra disponibilità ai colleghi abruzzesi, ma anche a tutte le
altre regioni interessate, per lavorare assieme verso un
percorso comune".
Per l'assessore all'Agricoltura della Regione Marche, Andrea
Maria Antonini, intervenuto in videoconferenza, "si paventa la
possibilità che si possa sostituire Montepulciano con il
sinonimo Cordisco, un'ipotesi che va contro il nostro interesse
ma anche contro il principio di un decreto etichettatura
fortemente orientato sulla trasparenza verso l'utente". Secondo
Imt, l'ipotesi abruzzese di inserire in etichetta il sinonimo
"Cordisco" (anziché Montepulciano) risulta penalizzante per le
Dop Rosso Piceno e Rosso Conero - quest'ultima costituita prima
di quelle abruzzesi - che hanno contenuti obbligatori di uva
Montepulciano in percentuali prossime al 100%.
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