Un clown ieri, oggi, sempre. Così si
vedeva Jacovitti immaginando il suo epitaffio. Come il
personaggio del circo destinato a far ridere, il grande maestro
del disegno in satira ha attraversato il Novecento punzecchiando
la politica e la società senza distinzioni di schieramento,
ironizzando sui tic e sui punti deboli dell' Italia che usciva
dal disastro della seconda guerra mondiale e poi negli anni del
boom, inventando una schiera di personaggi che erano maschere
rovesciate in chiave comica, fossero espressione del Regime -
come Battista l' ingenuo fascista e il suo 'eja, eja, baccalà' -
o la citazione all' italiana dei grandi miti del cinema, della
tv e del fumetto, da Zorry Kid a Cocco Bill. Nelle sue tavole
surreali zeppe di personaggi, tra donnone oversize e animali
molto umani, spiccavano i vermi e, soprattutto, i salami, vero
marchio di fabbrica insieme con la lisca di pesce che era la sua
firma ricordando come lo chiamavano da adolescente alto e
smilzo. Benito Jacovitti ha lasciato una traccia profonda nella
storia del disegno d' autore ed ha accompagnato la vita di
generazioni di italiani, dai ragazzi che negli anni Quaranta
leggevano le sue strisce sul periodico cattolico ''Il
Vittorioso'' agli studenti piccoli e grandi che nei decenni
successivi hanno annotato i compiti e molto altro nel celebre
Diario Vitt.
Nel centenario della nascita, a Termoli il 19 marzo 1923,
viene ricordato da una fitta serie di eventi nella sua città
natale, da un francobollo di Poste Italiane appena emesso, e dal
festival del disegno umoristico a Cortona (Arezzo) dal 27 maggio
al 4 giugno. Nei giorni scorsi il libro ''100 anni con
Jacovitti, di Stefano Milioni ed Edoardo Colabelli è stato
presentato a Roma al Museo MaXXI, che a dicembre dedicherà una
grande mostra all' artista molisano, in connessione con quella
intitolata ''Tutte le follie di Jac'' che nel mese di ottobre si
aprirà al museo Macte di Termoli.
Al di là delle celebrazioni, Jac resta un monumento per la
schiera di disegnatori venuti dopo di lui, anche per quelli che
lo criticavano considerandolo di destra. L' accusa era
alimentata non solo dal nome - che il padre, fascista, gli diede
facendolo precedere a quello di un altro dittatore, Franco - ma
anche dalle sue scelte professionali che lo videro lavorare per
il Msi (''gratis'') e per la Democrazia Cristiana (''ma da loro
mi feci pagare perchè i soldi li avevano''). In seguito, tra le
sue molte collaborazioni figurarono Oggi, La Domenica del
Corriere, il mensile Linus diretto da Oreste del Buono, e anni
dopo il Partito Radicale, Il Male, Cuore, Tango e la rivista per
adulti Playmen. La verità, chiarì in molte interviste, è che lui
si definiva un anarchico liberale, insofferente alla destra e
alla sinistra - con prese in giro anche del movimento
studentesco - pur dichiarando di apprezzare Berlusconi e Fini.
Grandi occhiali neri, il sigaro come eterno compagno,
Jacovitti aveva cominciato a disegnare da bambino. Da Termoli la
famiglia si trasferì nella vicina Ortona e poi a Firenze dove il
giovane Benito frequentò il liceo artistico. Nel 1946 l' arrivo
a Roma e nel 1955 l' inizio della collaborazione a Il Giorno,
con la nascita di Cocco Bill per il supplemento per ragazzi.
Nella Capitale, oltre all' incontro con i grandi nomi dello
spettacolo - Fellini, Marchesi, Steno... - conobbe Floriana
Jodice, l'amore della vita, che sposò nel 1949. Il 26 novembre
1997 Jacovitti uscì di casa per fare un giretto. Ebbe un ictus
e fu ricoverato in ospedale dove morì il 3 dicembre. Tre ore
dopo morì anche la moglie. ''Franco e Lilli sono andati via -
ricorda nel sito Jacovitti.it la figlia Silvia -. Zitti, zitti,
senza far rumore, leggeri come piume, sempre innamorati''.
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