(di Silvia Lambertucci)
Un santuario immerso nella campagna
toscana, fuori da tutte le grandi vie di comunicazione, eppure
frequentato senza soluzione di continuità dall'epoca degli
etruschi a quella dei romani. Con il segreto di una fonte di
acqua calda e curativa che per gli antichi era diventata essa
stessa una divinità alla quale offrire doni in prezioso metallo
per chiedere il bene da tutti più ambito, quello della salute. E
se la sorgente, protetta dai travertini e dalle colonne di una
monumentale piscina, era inaccessibile ai più, a poca distanza
si aprivano forse le vasche di un grande complesso termale
pubblico e persino le aule di una scuola di medicina. A pochi
mesi dall'ultima campagna di scavo, con il ritrovamento
clamoroso di 24 tra statue e grandi votivi di bronzo, migliaia
di monete, il Bagno Grande di San Casciano comincia a svelare
alcuni dei suoi affascinanti misteri. Raccolti a tempo di
record in un voluminoso e denso volume in uscita proprio oggi
per Sillabe editore (Il Santuario Ritrovato 2, Dentro La Vasca
Sacra, pp. 440, euro 45) gli studi e le ipotesi dei luminari di
ogni settore coinvolti da Jacopo Tabolli, Emanuele Mariotti e
Ada Savi - i tre giovani archeologi autori della scoperta -
offrono un viaggio sul bordo di quelle vasche sacre lontane
duemila anni che finisce per avviluppare anche il lettore meno
esperto in un vortice di storie, di emozioni e di suggestioni
dalle quali è difficile liberarsi. Si tratta di "ipotesi
preliminari", premettono tutti, da Giacomo Pardini che si è
occupato delle monete ad Adriano Maggiani cui è spettato il
compito di decifrare le iscrizioni etrusche, da Gian Luca
Gregori, che ha affrontato le iscrizioni latine a Barbara Arbeid
che si interroga invece sulla quasi assenza degli animali.
Solo prime considerazioni, ripetono nei loro contributi gli
stessi Tabolli, Mariotti e Savi e i tanti altri che è
impossibile citare. Ed è chiaro che la prudenza è davvero
necessaria visto che, a dispetto dei risultati sorprendenti
arrivati con le ultime campagne, lo scavo del Bagno Grande
impegnerà gli archeologi ancora per molti anni, chissà con
quante altre sorprese. Eppure una volta di più il Santuario
ritrovato del Bagno Grande stupisce, stravolge, stordisce quasi
come il calore ribollente di quell'acqua che ancora oggi sgorga
dalla terra con una potenza spaventosa.
Dalla decifrazione delle iscrizioni incise sui bronzi (cinque
in etrusco e quattro in latino) viene fuori la sacralità della
fonte antica che per gli etruschi è "Flere di Havens" e per i
latini più semplicemente "Fons". Dalle storie dei donatori di
ogni epoca, siano giovani mamme o grandi personalità, lo schiavo
contabile di una influente matrona romana o il discendente di
una illustre famiglia etrusca in terra umbra, è chiaro comunque
che qui la vera protagonista, secolo dopo secolo, a dispetto di
lingue, provenienze geografiche, culture e anche religioni
diverse, è sempre stata l'acqua, capace di salvare la vita un
bimbo come di guarire un giovane uomo dal rachitismo. E non
solo: tra medicina e divinazione, si ricostruisce forse l'evento
che nel primo trentennio del I secolo d.C. portò i romani a
seppellire le statue dentro l'acqua calda della fonte: secondo
gli studiosi sarebbe stato un fulmine caduto proprio vicino alla
sorgente che i sacerdoti interpretarono come un segno degli dei.
E ancora, il ritrovamento di uno strumento chirurgico vicino a
due raffinate rappresentazioni su bronzo degli organi interni
umani, precise quasi come una nostra Tac, apre la strada
all'ipotesi che accanto al santuario ci fosse una struttura
dedicata alle cure, se non addirittura una vera e propria scuola
di medicina.
Così come le indagini geofisiche hanno indicato, intorno alle
vasche oggetto dello scavo, tracce di strade, canali di scolo e
altre strutture che lasciano immaginare la presenza di un vero e
proprio complesso termale pubblico. Quanto alle monete, anche
qui il tema si fa intrigante perché le analisi hanno dimostrato
che erano in larga parte di fresco conio, appena uscite dalla
zecca, offerte alla fonte in epoca romana da chi davvero si
poteva permettere una donazione così generosa, notabili,
senatori, forse addirittura imperatori.
Frutto di un'avventura partita tre anni fa, fortissimamente
voluto dalla comunità locale, che se ne è assunta tutti i costi,
il favoloso ritrovamento del Bagno Grande si prepara ora a un
bagno di folla nelle sale del Quirinale, dove le meraviglie
restituite dal fango e dall'acqua saranno in mostra dal 22
giugno al 22 ottobre. Il ministro della Cultura Sangiuliano
firmerà a giorni l'atto di acquisto del palazzo nel centro di
San Casciano che ospiterà il museo. E intanto domani sera il
libro verrà presentato in anteprima dai tre curatori ai
cittadini del borgo, da sempre, complice la giovane sindaca
Agnese Carletti, coinvolti e partecipi. Tabolli, che venerdì
sarà poi a Roma, alla Sapienza, ne è fiero: "L'intero progetto
si è concentrato sull'archeologia civica", spiega, "l'idea è
quella di trovare un equilibrio tra la narrazione
dell'archeologia, anche a livello locale, e pubblicazioni
scientifiche". Un equilibrio che questo volume, denso di scienza
ma anche di immagini e di narrazioni, sembra proprio avere
trovato.
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