(ANSA) - ROMA, 27 NOV - Non ci fosse stata la seconda guerra
mondiale, Roma avrebbe avuto il Danteum, maestoso monumento
dedicato al Sommo Poeta progettato alla fine degli anni Trenta
per via dell' Impero dagli architetti razionalisti Umberto
Terragni e Pietro Lingeri. Il sogno, irrealizzato per lo scoppio
del conflitto, avrebbe dovuto evocare in un memoriale i
principali luoghi della Divina Commedia attraverso i materiali e
le regole architettoniche. Quella visione ambiziosa è il fulcro
della mostra 'Città di Dio. Città degli uomini. Architetture
dantesche e utopie urbane'' che il Palazzo Ducale di Urbino
ospita fino al 27 marzo 2022, pensata per celebrare i 700 anni
della morte di Alighieri. I curatori Luigi Gallo e Luca
Molinari hanno affiancato al progetto del Danteum - illustrato
attraverso le tavole originali conservate nell'Archivio Lingeri
di Milano, mai esposte nella loro completezza - le opere di un
centinaio di architetti italiani contemporanei che hanno messo
su carta la loro rilettura del capolavoro del poeta fiorentino.
La sede stessa dell' esposizione, realizzata per Federico di
Montefeltro nella seconda metà del XV secolo, - fanno notare - è
un luogo dove, più che altrove, l'architettura restituisce il
suo valore simbolico e in cui risuonano, ancora i valori del
Rinascimento. In questi spazi, quindi, ''riflettere sulla
creazione architettonica - intesa nei termini d'ispirazione
artistica, rivelatrice delle emozioni e della sensibilità
dell'artista in grado di suscitare sentimenti nell'osservatore,
così come definiti da Le Corbusier - acquista la duplice valenza
di studio delle radici storiche e proiezione nella
contemporaneità''. Il punto di partenza è appunto la ''messa in
dialogo'' del Danteum con la Città Ideale, capolavoro pittorico
- anch'esso emblematico - del Rinascimento italiano e opera
chiave delle collezioni della Galleria Nazionale delle Marche.
Il percorso prosegue tra i disegni originali degli architetti di
oggi, Aimaro Isola, Andrea Branzi, Franco Purini, Carmen
Andriani, Matilde Cassani, Yellow Office e Francesco Librizzi,
un viaggio che che abbraccia almeno tre generazioni diverse e
documenta l' influenza esercitata dalla Commedia nell'
immaginario di professionisti della progettazione, artisti e
illustratori.
''Con questa esposizione la Galleria Nazionale delle Marche
si afferma come luogo a tutti gli effetti deputato a parlare di
architettura, aprendo un dialogo con le principali realtà
coinvolte sull'argomento'', ha detto Luigi Gallo, direttore
della Galleria. ''Interpretare l'architettura in chiave
contemporanea richiede l'adozione del paradigma culturale insito
nel concetto di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
In quest'ottica, riutilizzare gli spazi e riadattare i materiali
sono stati i driver che hanno animato la scelta allestitiva nel
non rifare un progetto ex-novo, ma di riadattare quello
esistente''. Per Molinari, ordinario di Teoria e Progettazione
architettonica presso l'Università degli Studi della Campania
'Luigi Vanvitelli' di Caserta , ''la distanza tra il presente e
una tensione verso un'idea di futuro è stata, negli ultimi
cinque secoli, uno dei motori di ricerca dell'arte e
dell'architettura moderna occidentale, ne ha nutrito le
aspirazioni e le tensioni ideali, garantendo forme di
sperimentalità libera che hanno reso possibile alcune delle
innovazioni e degli scarti necessari al cambiamento''. Nella
distanza ideale tra la città di Dio e la città dei viventi,
osservano i curatori, ''esiste tutto il potenziale spirituale e
simbolico che ha nutrito le nostre arti lungo la modernità,
incarnando un'idea di utopia possibile, laica e pronta a essere
concretizzata. La tensione e la distanza tra questi due universi
hanno portato i nostri autori a cercare nell'imperfezione del
reale una risorsa potenziale su cui agire e, insieme, ha offerto
nella fiducia dell'utopia una speranza progettuale necessaria''.
(ANSA).