VENEZIA - "Per me questa mostra rappresenta un ritorno a casa di Edmondo Bacci, a casa di Peggy Guggenheim, collezionista sensibile e rara, che aveva intuito come, dietro a una figura così timida e schiva, quale era Bacci, si celasse un grandissimo artista. Fu lei, per prima, a capire che l'energia del colore delle sue opere era qualcosa di speciale, di unico".
La curatrice Chiara Bertola sintetizza così l'esposizione dedicata a uno dei protagonisti della scena artistica veneziana, al pari di Tancredi Parmeggiani, che la collezionista e mecenate, trasferitasi nel 1949 definitivamente nella città lagunare, decise di sostenere attraverso acquisti di opere e di portare all'attenzione del mondo con mostre e donazioni a musei internazionali.
Una ottantina di opere di Bacci, in parte inedite, sono al centro della mostra in programma negli spazi espositivi della Collezione Peggy Guggenheim, dal primo aprile al 18 settembre prossimi (catalogo Marsilio Arte), all'interno del programma della Collezione di rassegne - sottolinea la direttrice Karole P.B. Vail - volto a celebrare i protagonisti della scena artistica italiana nel secondo dopoguerra, come Capogrossi, Fontana, Licini lo stesso Tancredi e ora Bacci. "L'energia della luce" accompagna il nome dell'artista (1913-1978) nel titolo dell'esposizione: "Bacci dipingeva la luce, quella luce che per lui era pregnanza delle cose", dice la curatrice.
L'esposizione riporta all'attenzione dei grande pubblico uno dei protagonisti della pittura veneziana, in particolare del movimento dello Spazialismo, a cui aderì nel 1953, prima di aprirsi a nuove sperimentazioni negli ultimi anni di attività, che ebbe grande notorietà in vita per poi "inspiegabilmente scivolato in una zona d'ombra". "Le opere di Edmondo Bacci - evidenzia Francesca Lavazza - esprimono la sua capacità di rappresentare la luce del mondo, e quella interiore che risiede nelle cose e nell'uomo".
Il percorso della mostra - centrata in particolare sugli anni Cinquanta, quelli della sala personale alla Biennale nel 1958 (in parte ricostruita in mostra) - si apre con alcune opere in bianco e nero delle serie "Cantieri" e "Fabbriche", tra il 1945 e il 1953 ispirate al polo industriale di Marghera. Subito, però, irrompe il colore, la luce lo spazio con "Albe", del 1954, per poi arrivare ad "Avvenimenti" dove colore e luce creano vortici, esplosioni primordiali, spazi infiniti e abissi.
Lavori, quest'ultimi, dove "lo spazio non è più sorretto da una griglia geometrica ma si genera unicamente dalle relazioni degli eventi di colore. Un colore - dice la curatrice - che diventa spazio assoluto e che abolisce ogni limite tra superficie e volume, tra dimensione e traiettoria: il diventa pura materia di luce nel suo graduale affrancamento dalla più pesante materia dell'informale".
Se sorprendono le opere sperimentali degli anni Sessanta-Settanta, particolarmente interessante la sezione dedicata ai disegni, di fatto inediti, provenienti da collezioni e dall'Archivio dell'artista. A chiudere il percorso un dipinto di Giambattista Tiepolo, Il Giudizio finale (1730-35 circa), a testimoniare come Bacci sia stato influenzato dai maestri del passato, Giovanni Bellini, Giorgione, e soprattutto dalla spazialità e dai cieli di Tiepolo.
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