Dopo tre anni di negoziato arriva la fumata bianca sulla nuova Politica agricola comune, che vale oltre 340 miliardi di euro dal 2021 al 2027, di cui più di 38 per l'Italia (quasi 50 con la quota di cofinanziamento nazionale). Quello raggiunto è un accordo provvisorio che dovrà passare l'esame dei ministri dell'agricoltura, e anche dell'Europarlamento. La riforma, che copre il 2023-27, ha obiettivo di rendere la Pac più verde e più equa, ma viene giudicata insufficiente dalle organizzazioni ambientaliste. Si tratta comunque di un successo in extremis per la presidenza di turno portoghese dopo il naufragio del negoziato del mese scorso.
La principale novità della proposta di riforma presentata dalla Commissione Juncker nel 2018 erano i piani strategici nazionali, un trasferimento di poteri e responsabilità da Bruxelles alle capitali. Nel 2019 e nel 2020 la Commissione von der Leyen ha aggiunto la priorità del Green Deal. Dato il pregresso, a spianare la strada verso l'accordo finale è stato il compromesso sulle misure verdi nel regolamento sui piani nazionali.
Le istituzioni Ue hanno raggiunto un equilibrio su una maggiore integrazione tra Pac e Green Deal e sulla destinazione a pratiche agronomiche rispettose dell'ambiente (ecoregimi) del 25% delle dotazioni nazionali per i pagamenti diretti 2023-27. Quasi 49 miliardi in 5 anni di aiuti al reddito saranno vincolati a clima e ambiente. L'Europarlamento chiedeva il 30%, gli Stati il 20%. Per incontrarsi a metà strada c'è voluta la garanzia di ampia flessibilità per i paesi, che sono protetti contro l'eventualità di perdere fondi.
Dalla riforma nasce anche - almeno in principio - la condizionalità sociale, cioè il vincolo degli aiuti Pac al rispetto dei diritti di chi lavora nei campi. L'aiuto redistributivo, che aiuta le piccole aziende, viene fissato al 10% del montante pagamenti diretti e sarà obbligatorio per tutti i paesi, con possibilità di chiamarsi fuori solo se dimostra di raggiungere gli stessi scopi di equità con altre misure.
Durante il negoziato gli agricoltori europei hanno manifestato davanti alla sede dell'Eurocamera a Bruxelles, chiedendo di considerare "gli impatti cumulativi di tutte le politiche sulla comunità agricola europea", con riferimento esplicito agli accordi commerciali e alla strategia Farm to Fork.
Le Ong ambientaliste respingono l'impianto green della riforma: troppo debole il legame tra Pac e Green Deal, troppe le flessibilità concesse ai paesi membri. Gli uffici europei di Greenpeace e Wwf hanno chiesto all'Europarlamento di respingere un accordo che sull'ambiente, secondo l'altra Ong Eeb, sarebbe addirittura peggiorativo dello status quo. Sulla stessa linea i ragazzi dei Fridays for future, il movimento che fa capo a Greta Thunberg, che hanno fatto campagna per mesi sul ritiro della riforma.
Ma la Commissione europea benedice l'accordo con il vicepresidente Frans Timmermans. E gli altri gruppi politici dell'Europarlamento sembrano decisi a dare l'ok. I socialisti con il coordinatore agricoltura Paolo De Castro che pone l'enfasi sul pilastro sociale, il Ppe che con Herbert Dorfmann celebra i risultati positivi per le piccole aziende e i liberali di Renew Europe, per i quali il presidente della commissione ambiente Pascal Canfin ha già chiarito che appoggerà il compromesso.
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