(di Michele Esposito)
Parola d'ordine: pragmatismo. E'
su questo concetto che convergeranno l'azione del governo
italiano a Bruxelles e quella del vicepresidente della
Commissione Raffaele Fitto all'interno del nuovo esecutivo
comunitario. L'ex ministro per gli Affari Ue, il Sud, la
Coesione e il Pnrr è tornato per la prima volta a Roma nella sua
nuova veste. E' salito prima il Quirinale, dove ha ringraziato
il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il sostegno
con cui il capo dello Stato ha accompagnato la sua corsa alla
nomina europea. Poi, a Palazzo Chigi, ha fatto il punto con
Giorgia Meloni, prima di tornare nella capitale belga dove
'l'esordio' dell'ex ministro potrebbe cadere già la settimana
prossima, in occasione dell'Ecofin del 10 dicembre.
Fitto, ha sostenuto lui stesso nel corso dell'audizione
all'Eurocamera, come recitano i Trattati sarà a Bruxelles non
certo per fare le veci dell'Italia, ma quelli della Commissione.
Eppure, non è un mistero che nel grande sudoku dei ruoli di
vicepresidenti, commissari e funzionari, si giocano i rapporti
di forza tra i 27. Su questo terreno Fitto da un lato parte
avvantaggiato, potendosi avvalere della carica di vicepresidente
- sebbene di fatto sia la spagnola Teresa Ribera la vera vice di
Ursula von der Leyen. Dall'altro, avrà di fronte uno stuolo di
funzionari franco-tedeschi che Parigi e Berlino, nonostante la
debolezza dei rispettivi governi, sono riusciti a collocare ai
vertici di molti gabinetti dei commissari.
Su 53 tra capi di gabinetto e vice figurano solo tre
italiani. Quattro commissari, inclusa la presidente von der
Leyen, hanno un tedesco a capo del gabinetto. E il loro punto di
riferimento è Bjoern Seibert, fedelissimo braccio destro di von
der Leyen e dominus degli equilibri interni a Palazzo
Berlaymont, che hanno visto un netto accentramento dei poteri in
capo alla presidenza. Parigi può contare su un solo capo, quello
di Stephan Séjourné, ma su sette vicecapi di gabinetto. Fitto, a
capo del suo gabinetto, ha scelto l'ormai ex segretario generale
di Ecr Vincenzo Matano. Con lui lavoreranno altri tre italiani:
Marco Canaparo, Gabriele Giudice, Alessandro Scuncio. La
direzione generale di riferimento sarà la Dg Regio, che nella
scorsa legislatura era affiancata dalla ben più piccola Dg
Reform, smantellata tuttavia ben prima della nomina di Fitto.
Al neo vicepresidente Meloni ha confermato che l'Italia
lavorerà al fianco e non contro la Commissione. "L'Italia
porterà un contributo pragmatico" alle sfide future di
Bruxelles, "a partire dalla realizzazione delle riforme e degli
investimenti di lunga durata", ha sottolineato Palazzo Chigi. Ed
è in quel "pragmatico" la chiave del contributo che vuole
apportare Meloni, la cui visione, su temi come il Green Deal e
l'automotive, è destinata probabilmente a confliggere con quella
di Teresa Ribera, titolare tra l'altro della potente delega alla
Concorrenza. Fitto coordinerà invece i commissari
all'agricoltura, alla pesca e ai trasporti e assieme a Valdis
Dombrovskis si occuperà di quel Recovery Fund sul quale, in
prospettiva, si staglia il grande nodo della scadenza al 2026.
Già dall'anno prossimo uno dei principali dossier di Fitto sarà
quello della riforma della politica di Coesione, pilastro della
nuova legislatura. Un tema sul quale il rischio di uno scontro è
altissimo, con il Comitato delle regioni che ha già annunciato
la sua contrarietà a qualsiasi accentramento della gestione
delle risorse comuni.
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