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>ANSA-FOCUS/ Orban dà asilo a un politico del Pis, ira Varsavia

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La Polonia convoca l'ambasciatore. Tusk:'Viktor come Lukashenko'

BRUXELLES, 20 dicembre 2024, 21:01

Redazione ANSA

ANSACheck

(di Alessandra Briganti) Donald Tusk lo aveva avvisato.
    Se avesse preso "decisioni strane", sarebbe stato Viktor Orbán a "trovarsi in una posizione difficile". Un avvertimento caduto nel vuoto quello del premier polacco che ora medita vendetta.
    L'ultimo capitolo della complicata relazione tra i due premier dell'Est ruota intorno a Marcin Romanowski, ex vice ministro polacco della Giustizia, accusato di uso improprio di fondi pubblici.
    Il caso è montato mentre era in corso il vertice europeo a Bruxelles, l'ultimo della presidenza ungherese di turno. Nella mattinata sono iniziate a rincorrersi voci sull'imminente decisione di Budapest di concedere asilo politico a Romanowski, destinatario di un mandato d'arresto europeo spiccato da Varsavia. Voci poi confermate dal capo di gabinetto ungherese, Gergely Gulyás. Ci sono "prove concrete della mancanza di un processo equo" in Polonia, è stata la sentenza di Budapest.
    Un colpo basso per Varsavia che si appresta a subentrare all'Ungheria alla presidenza di turno del Consiglio Ue. "Non mi aspettavo - ha ammesso Tusk - che chi fugge dalla giustizia, funzionari corrotti, potesse scegliere tra Lukashenko e Orbán, cercando rifugio dalla giustizia". Nelle stesse ore, l'ambasciatore ungherese in Polonia è stato convocato al ministero degli Esteri dove è stato informato della decisione di richiamare l'ambasciatore polacco a Budapest per consultazioni per un arco di tempo indefinito.
    La Commissione europea non è entrata nello specifico, limitandosi a ribadire quanto previsto dalle norme europee: gli Stati membri hanno l'obbligo di eseguire i mandati d'arresto europei. In questo caso, il Giudice ungherese deve esaminare il mandato d'arresto per vedere se ci sono motivi per rifiutare la richiesta. C'è poi l'aspetto dell'asilo politico a rendere la vicenda ancor più anomala. "Il livello di protezione dei diritti e delle libertà fondamentali negli Stati membri è tale che tutti gli Stati membri sono considerati paesi sicuri", spiegano da Bruxelles, secondo cui una richiesta di asilo sarebbe ammissibile da parte di cittadini di un altro Stato membro "solo in circostanze del tutto eccezionali".
    Una provocazione in perfetto stile Orbán che da mesi lamenta l'uso di un doppio standard da parte dell'Ue nel valutare lo stato di salute della democrazia nei diversi Paesi europei. Una valutazione che da un lato è costata all'Ungheria il congelamento di circa venti miliardi di euro di fondi europei, e dall'altro ha riabilitato la Polonia dopo il cambio di governo a Varsavia. Qualche giorno fa l'ultimo tentativo di Budapest di riavere una parte di fondi è andato a vuoto. A comunicare l'ennesimo insuccesso di Budapest c'era il commissario Ue al Bilancio, il polacco Piotr Serafin. La vendetta di Orban è stata consumata.
   

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