Sul ponte Morandi, il viadotto
crollato il 14 agosto 2018 (43 vittime), andavano fatte
"ispezioni visive con scassi locali" che avrebbero rilevato "le
difformità dal progetto originario". E' quanto emerge dal
supplemento di perizia che il tribunale (presidente Paolo Lepri)
ha chiesto ai periti per chiarire le cause del disastro. Oggi i
tre periti hanno illustrato ai legali dei 58 imputati le bozze
della loro relazione.
La doverosità delle ispezioni visive con scassi locali, per i
tre superesperti, nasce anche dalle prime ispezioni che avevano
rilevato difetti alla sommità delle pile 10 e 11 e che "hanno
determinato la necessità di eseguire un intervento di
sostituzione degli stralli per la pila 11 e di rinforzo per la
pila 10".
"Considerata la scarsa attendibilità - continuano gli
ingegneri - delle indagini di tipo non distruttivo eseguite nel
tempo sugli stralli dei 3 sistemi bilanciati del viadotto
Polcevera, ai fini della individuazione dello stato di
ammaloramento dei cavi degli stralli, l'unica modalità di
verifica era costituita dalle ispezioni visive con scassi
locali/carotaggi". Con questo tipo di ispezioni sarebbe stato
possibile individuare le "modifiche al sistema di tiranti
rispetto al progetto". Si sarebbe così proceduto ad altri
approfondimenti. Il pool di esperti ha poi spiegato che l'entità
della corrosione "è assolutamente imputabile a fattori endogeni"
e cioè all'acqua e all'ossigeno che sono entrate dentro il
calcestruzzo dalle fessure esterne.
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