E' una vicenda poco chiara quella che in Kenya ha portato alla sentenza di condanna in primo grado all'ergastolo per un cinquantenne italiano, Paolo Camellini, originario di Goito, in provincia di Mantova, accusato di aver abusato sessualmente di un bimbo di 3 anni, figlio adottivo dell'ex moglie keniana, sposata sei anni prima e da cui si è poi separato, pur continuando a frequentarla.
Come riportano media nazionali segnalando la condanna, la denuncia presentata dalla donna risale allo scorso 15 febbraio.
Il giorno dopo la polizia
ha arrestato Camellini a Manyatta, quartiere popolare di Kisumu,
terza città del Paese. L'uomo è stato rilasciato su cauzione e
da lì sono partite le indagini. Dopo sei mesi è arrivata la
peggiore delle sentenze: carcere a vita per il mantovano, di
professione imbianchino, che si è sempre proclamato innocente.
Così l'avvocato Isaac Odero che segue il delicato caso, in
costante contatto con l'Ambasciata d'Italia a Nairobi, è
convinto della non colpevolezza del suo assistito e ha
annunciato che presenterà ricorso in appello. "Le evidenze che
hanno portato a questa sentenza hanno numerose lacune - spiega
Odero all'ANSA -, il medico non ha dato dettagli convincenti
sugli eventuali danni subiti dal bambino e non è stata
consegnato alla corte nessun esame che rilevasse Dna estraneo su
di lui". Camellini è un assiduo frequentatore del Paese
africano. Ha conosciuto la donna keniana, Brenda, una decina
d'anni fa e l'ha portata in Italia, dove i due si sono sposati
legalmente. Dopo la separazione, Camellini ha continuato a
mantenere la donna, anche quando ha scoperto che lei aveva
adottato il piccolo. "E' una sentenza assurda - racconta la
sorella Federica, che vive a Brescia - Paolo non sarebbe in
grado di compiere un atto del genere".
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