Un'altra perizia psichiatrica per Alessia Pifferi. È quanto chiede la difesa della 38enne, condannata all'ergastolo per l'omicidio della figlia Diana di appena un anno e mezzo, morta di stenti dopo essere stata lasciata a casa da sola per 6 giorni nel luglio del 2022.
L'avvocato Alessia Pontenani ha infatti depositato il ricorso alla Corte di Assise d'Appello di Milano contro la sentenza emessa lo scorso 13 maggio al termine del processo di primo grado, durante il quale la donna era stata sottoposta a una prima analisi di un perito che l'aveva ritenuta capace di intendere e volere.
Il difensore di Pifferi, che per la sua assistita aveva chiesto l'assoluzione, ha sempre sostenuto che la donna "non ha mai voluto uccidere la figlia" e che si tratta di una "ragazza cresciuta in assoluto isolamento morale e culturale" e con "un deficit cognitivo".
Oltre che a insistere su questo aspetto e sulla "mancata valutazione della documentazione" che attesterebbe il disagio psichico della 38enne, Pontenani nel ricorso punta anche ad escludere il "dolo" a carico di Alessia Pifferi e in subordine sulle attenuanti, non riconosciute dalla Corte di Assise milanese anche per via di un comportamento processuale "valutato negativamente" caratterizzato da "deresponsabilizzazione". Accogliendo la richiesta di condanna all'ergastolo avanzata dal pm Francesco De Tommasi, titolare delle indagini, i giudici hanno osservato nelle motivazioni della sentenza che Pifferi è stata animata da un "futile ed egoistico movente", cioè quello di volersi "regalare un proprio spazio di autonomia", un "lungo fine settimana con il proprio compagno", venendo meno "al prioritario diritto/dovere di accudire la figlioletta".
Sarebbe stato proprio per questo motivo, infatti, che la donna ha lasciato a casa da sola la bimba, come già aveva fatto in passato seppur per meno giorni, con soltanto un biberon di latte e una bottiglietta d'acqua. Intanto si va verso la chiusura delle indagini per il secondo filone dell'inchiesta aperto dal pm De Tommasi, che accusa di falso e favoreggiamento quattro psicologhe che lavoravano anche al carcere San Vittore e la stessa avvocatessa Pontenani. A quanto sostiene il sostituto procuratore, infatti, le professioniste avrebbero contribuito ad aiutare Pifferi a ottenere la perizia psichiatrica, anche attraverso la presunta manipolazione di un test per accertare un grave disturbo cognitivo.
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