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L'ultimo mistero di Kim, argento ai pongisti nordcoreani

L'ultimo mistero di Kim, argento ai pongisti nordcoreani

Nessuno li conosceva, soltanto i cinesi li hanno battuti

PARIGI, 30 luglio 2024, 18:52

di Tullio Giannotti

ANSACheck
Ri Jong Sik e Kim Kum Yong © ANSA/EPA

Ri Jong Sik e Kim Kum Yong © ANSA/EPA

Ri Jong Sik e Kim Kum Yong non li conosceva proprio nessuno. Lui è un ragazzo di 24 anni, uno po' goffo nei movimenti, lei ha 22 anni, è piccolina e il caschetto di capelli nerissimi.

Fin qui, la coppia nordcoreana iscritta al torneo di doppio misto di tennis da tavolo alle Olimpiadi di Parigi 2024 avevano spaventato tutti. Dove si allenino e quali maestri abbiano avuto è un mistero, uno dei tanti della nazionale di Pyongyang. Secondo voci che circolano nei corridoi del ping pong a Parigi, si sarebbero trasferiti dai maestri cinesi per allenarsi. E questo spiegherebbe in qualche modo anche la loro sconfitta di oggi, all'Arena Paris Sud, sotto la Porte de Versailles.

Incredibilmente erano arrivati in finale, battendo in semifinale i certamente più quotati avversari, di Hong-Kong. I quali - oltre ad avere un tifo infernale - risultano essere teste di serie numero 4. Se si va invece a cercare traccia di Sik e di Yong, li si scova soltanto al 322/o e al 509/o, secondo una classifica del 2022. Qualificati alla finale, avevano lasciato sempre gli avversari senza parole: i giapponesi, teste di serie numero 2, sono stati fatti fuori dall'inedita coppia nordcoreana al primo turno. Ai quarti, è toccato agli svedesi: "non hanno un gioco ortodosso - ha confidato Kristian Karlsson - sono davvero impressionanti per essere dei giocatori mai visti nel circuito. Si sa quanto sia difficile diventare così forti, ma farlo senza competizioni di livello internazionale è incredibile".

Loro, i due giocatori misteriosi, non parlano con i giornalisti, sorridono poco e anche fra loro non scambiano sorrisi o troppe parole. Oggi, all'Arena - gremita di almeno 2.500 cinesi che esplodevano ad ogni punto dei loro connazionali - c'erano non più di una decina di nordcoreani, dirigenti, accompagnatori, ex atleti. Sembravano capire pochissimo le domande in inglese, rispondevano con vaghi cenni del capo.

Avevano una tecnica studiata per far sentire le loro voci nonostante la schiacciante differenza con i cinesi: aspettavano che l'esplosione di grida dei cinesi terminasse, poi appena si attendeva il servizio nel silenzio, partiva il grido di sostegno, isolato, di uno o due dei tifosi "eccellenti" presenti. Alla fine hanno vinto i cinesi per 4-2, ma negli occhi del pubblico sono rimaste due cose: una specie di continuo "balletto" sul posto, prima e dopo gli scambi di gioco, quando gli avversari cercavano concentrazione o si guardavano negli occhi. E poi l'incredibile rapidità di alcuni colpi che i nordcoreani davano l'impressione di avere sempre nel loro repertorio ma di farvi ricorso solo di tanto in tanto. Lì, in quegli scambi velocissimi che assomigliavano a un'arte marziale, c'era tutto il mistero dei pongisti di Kim. 
   

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