"Siamo cristiani, siamo chiesa.
E come chiesa abbiamo la prima grande responsabilità, che è
quella di metterci accanto a chi sta soffrendo". Così il vescovo
di San Severo, Giuseppe Mengoli, durante l'omelia per i funerali
di Celeste Palmieri, la 56enne uccisa dal marito, il 59enne
Mario Furio, morto suicida.
"Sappiamo come chiesa che l'amore non muore mai. La parola
fine non esiste. Ed è legata a Gesù e alla sua presenza. Una
domanda penso sia esplosa nel cuore di tutti, anche guardando
ciò che accade sull'intero continente: 'dov'è Dio?' - chiede il
vescovo -. La prima risposta è che Dio è in quella vittima
innocente che vedete crocifissa. Pensate che il Signore ha preso
quel posto anche per condividere con noi le situazioni più
drammatiche. Non possiamo mettere sotto processo Dio. Perché il
Signore si è fatto carne e si è messo accanto al più debole,
all'ultimo. Io non ho avuto il piacere di conoscere Celeste. Ma
sull'altare c'è qualche sacerdote che la conosceva e stamani ho
avuto la contezza di quello che voglio chiamare il testamento
spirituale di Celeste. La nostra sorella Celeste, vivendo già in
situazioni non facili, aveva anticipato il perdono a chi
eventualmente le avrebbe fatto del male. Lo aveva anticipato ai
figli dicendo loro perdonate anche voi. Sapete cosa è questa? È
santità".
"Perché - ha concluso - noi dobbiamo smetterla di vedere
soltanto il buio e lamentarci del buio. Perché nel buio dovremmo
accendere anche un fiammifero. E Celeste oggi ha acceso un
fiammifero. Che oggi io mi porto a casa con una straordinaria
lezione di vita cristiana. Celeste era solita pregare in chiesa,
tra i banchi. Che bello vedere una persona che, pur sorpresa da
ciò che non si aspettava, è arrivata pronta dentro. Dovremmo
essere tutti pronti. E allora questo è l'indirizzo di dio"
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