Sempre meno sardi si scrivono
all'università, conseguenza del calo demografico che sta
arrivando a dimensioni disastrose. È l'allarme lanciato oggi a
Cagliari durante la presentazione del Rapporto Mete 2024, delle
Acli, nella sede della Fondazione di Sardegna a Cagliari.
Secondo il rapporto gli immatricolati nelle due università di
Cagliari e Sassari nell'ultimo anno accademico 2022-2023 sono
stati rispettivamente 4.063 e 1.968, stabili sull'anno
precedente, ma in netto calo rispetto all'anno boom 2020-2021
che ne vedeva 300 in più. Ad emigrare per studiare nelle
università del resto d'Italia e all'estero è il 17% degli
studenti sardi, che si iscrive prevalentemente nelle facoltà di
Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna: sono 6.956 nel 2023 e
7.184 nel 2022.
Il 55% invece si iscrive all'università di Cagliari e il 28%
in quella di Sassari. In totale gli studenti che frequentano le
aule sassaresi sono 41.564 mentre quelli di Cagliari 43.026.
"L'84% di chi decide di iscriversi all'Università resta in
Sardegna - spiega Vania Statzu, coordinatrice del gruppo di
lavoro Rapporto Mete 2024 - chi si sposta in genere va a cercare
quei titoli di studio e i corsi di laurea che non esistono nel
proprio territorio, specializzazioni molto particolari oppure in
territori nei quali c'è una stretta connessione fra mondo
universitario e mondo del lavoro, ma servono risorse
economiche".
Quello che però emerge con una certa preoccupazione,
sottolinea la ricercatrice a margine del convegno, "è il dato
del valore assoluto, cioè c'è una perdita netta di studenti che
si iscrivono all'università e questo ovviamente è l'effetto
dello spopolamento, del calo demografico, della denatalità".
È sufficiente guardare le dinamiche per la fascia d'età 19-25
anni: "Nel 2002 pesava circa il 10 per cento della popolazione,
oggi è circa il 6 per cento, nel 2050 non arriverà al 5 per
cento".
"I numeri a disposizione ci dicono che c'è sicuramente
un'emergenza - sottolinea l'assessora regionale dell'Istruzione
Ilaria Portas - ma quello a cui noi dobbiamo lavorare è
un'offerta formativa sempre più variegata e anche distribuita
sui territori, dobbiamo lavorare al dopo, a creare delle
occasioni di lavoro".
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