In un luogo infame, ai confini del mondo, nella Scizia orientale, non lontano dall'Ucraina, c'è una fabbrica abbandonata.
Tutto è stato divorato dalla ruggine.
Porte di ferro, stridore di ferraglia, tubi di ghisa ormai in
disuso. Dalla copertura di un forno industriale esce ancora il
fumo. È la scena del Prometeo Incatenato di Eschilo che ha
inaugurato l'11 maggio al teatro greco di Siracusa la 58/a
stagione dell'Inda.
Il Potere e la Violenza, Kratos e Bia, aprono la tragedia,
arrivano su un carro che scorre su un binario morto e portano
con sé il condannato, Prometeo, incappucciato e legato mani e
piedi, colpevole di tracotanza, di hybris, ha sfidato Zeus e ora
ne paga le conseguenze. Incaricato di incatenarlo alla rupe che
qui è una ciminiera, è Efesto, riluttante, amico di Prometeo, e
per questo sorvegliato da Kratos e da Bia. Eschilo si schiera
con il titano, un dio strano, affetto da sentimenti e da amore
per gli uomini, disposto a sacrificarsi per loro. Ma soprattutto
Prometeo ha pietà degli uomini, della loro fragilità, in balia
delle malattie, delle guerre, basta un soffio e sono condannati
a morire. E sempre per pietà Prometeo ha insegnato loro la
saggezza, la temperanza e la medicina, come curarsi con le erbe.
Ma per metterli in condizione di difendersi gli ha donato anche
il fuoco. Ora possono anche costruire armi. E qui Zeus
"inflessibile e rancoroso" che governa oltre la legge e "della
Giustizia fa quel che gli pare", decide di liberarsi di
Prometeo.
È però una tragedia statica, difficile, poco più di 1000
versi e non succede nulla, fatta eccezione per la commozione che
il titano suscita in un teatro sold out. Due poteri si oppongono
l'uno all'altro e lo scontro tra la dittatura e la democrazia,
tra la tracotanza degli dei e la sofferenza degli uomini sta
tutto nella pietà e nel sacrificio di Prometeo. Punti di forza
dello spettacolo sono la duttilità, la fascinazione della
recitazione degli attori, la bellissima traduzione di Roberto
Vecchioni, presente allo spettacolo, la regia elegante e sobria
di Leo Muscato. Ma su tutti spicca la prova di Alessandro
Albertin, dall'alto della ciminiera, mite e dolente, quasi
immobile, può contare solo sulla voce, in grado di esprimere
tutti gli sconvolgimenti dell'animo e La forza del suo
convincimento. Zeus è assente? Nel testo non c'è, ma la regia lo
evoca: come in una scarica di energia talvolta si accendono le
luci al neon del fondo della fabbrica. Zeus ascolta, brama di
sapere il segreto che Prometeo conosce e che potrebbe
spodestarlo. Non lo saprà mai, mentre un'aquila è già arrivata,
pronta a rincarare la dose della punizione, pronta a sbranare il
fegato dell'eroe.
La scena di Federica Parolini è profetica, suggerisce il
futuro del mondo industriale e del progresso spinto oltre i
limiti concessi all'uomo. Le coreografie di Francesca Della
Monica muovono il coro delle Oceanine come le onde del mare, nei
costumi di Silvia Aymonino. Nove minuti di applausi per tutti,
da Silvia Valenti a Davide Paganini a Michele Cipriani, Alfonso
Veneroso, a Deniz Ozdogan e un divertente e infantile Hermes,
Pasquale di Filippo.
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