(di Francesco Cerri) Pazza politica spagnola: dopo 10 mesi di paralisi istituzionale, fra colpi di scena, veti incrociati e investiture fallite, Madrid si prepara a una affannosa corsa contro il tempo per cercare di dare al paese un nuovo governo per il 31 ottobre evitando così un ritorno alle urne, il terzo in un anno, a Natale.
Dopo il siluramento da parte dei 'baroni' socialisti del
segretario Psoe Pedro Sanchez sabato la direzione provvisoria
guidata dall'asturiano Javier Fernandez ha avviato un prudente
riposizionamento.
Dal granitico "no è no!" di Sanchez, a un
possibile via libera attraverso una "astensione tecnica" a un
governo Pp di minoranza del premier uscente Mariano Rajoy. Che
dia finalmente un esecutivo nel pieno dei suoi poteri alla
Spagna ed eviti nuove elezioni che i sondaggi annunciano
disastrose per il Psoe.
Secondo l'ultima inchiesta Gad3 per Abc se si tornasse alle
urne (dopo le tornate di dicembre e giugno) il Pp crescerebbe da
137 a 159 deputati su 350 e con Ciudadanos (25) arriverebbe ad
una maggioranza assoluta di 184 seggi, contro gli attuali 169.
Il Psoe crollerebbe da 85 a 68 deputati e per di più subirebbe
il temuto 'sorpasso' di Podemos, in seggi (69) e voti (20,8%
contro 18,6% ai socialisti). "C'è una sola cosa peggiore di un
governo Rajoy di minoranza ed è un governo Rajoy di maggioranza"
avverte il numero uno provvisorio del Psoe (il nuovo 'uomo
forte' è in realtà la presidente dell'Andalusia Susana Diaz, che
per ora resta in secondo piano).
L'astensione sull'investitura di Rajoy è la sola strada che
permetterebbe al 'nuovo' Psoe di guadagnare tempo per
ricostruirsi, evitare di essere 'divorato' da Podemos e ricucire
la spaccatura che ha chiuso l'era Sanchez. Ma dopo mesi di
martellante discorso 'frontista' anti-Rajoy dell'ex-segretario
la base è riluttante ad accettare ora un via libera al Pp. La
manovra avviata da Fernandez, che ieri ha avuto un primo
contatto con Rajoy, è lenta e prudente. "Astensione non
significa appoggio" ha già messo le mani avanti. La decisione di
cambiare rotta deve essere presa dal Consiglio federale del
partito, che non dovrebbe riunirsi prima del 21 o 22 ottobre. Se
darà via libera all'astensione i tempi si faranno strettissimi.
Per legge se un nuovo premier non sarà stato eletto il 31
ottobre il paese tornerà automaticamente alle urne a Natale. In
caso di svolta del Psoe il 22, prevede El Pais, re Felipe dovrà
fare le tradizionali consultazioni a passo di carica il 24 e il
25. Poi designare Rajoy, che in cinque giorni dovrà fare le sue
consultazioni, sottoporsi ai due voti di fiducia del Congresso
(nel primo ci vuole la maggioranza assoluta di 176 deputati, che
non avrà) a 48 ore di distanza uno dall'altro. Se tutto andrà
bene, Rajoy potrebbe farcela per il rotto della cuffia il 30
ottobre, poche ore o minuti prima della scadenza del gong della
convocazione delle nuove elezioni. Per il veterano leader
popolare il più difficile probabilmente verrà dopo: senza
maggioranza "ogni giorno", lo ha avvertito Fernandez, dovrà
negoziare con l'opposizione per guidare il paese.
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