Sono state ricordate oggi a Gonars
(Udine) le vittime del campo di internamento costruito alla fine
del 1941 e utilizzato per rinchiudere i civili della Provincia
italiana di Lubiana rastrellati dall'esercito italiano in quanto
ritenuti potenziali oppositori dell'occupazione. Nell'area, come
ricorda una nota diffusa da Acon, venivano chiuse anche 6mila
persone contemporaneamente, il doppio delle capacità ricettive.
Ne morirono di stenti e malattia circa 500, tra cui una
settantina di neonati.
Furono le autorità jugoslave nel 1973 - aggiunge la nota - a
costruire nel cimitero cittadino un sacrario, dove in due cripte
oggi giacciono i resti di oltre 400 tra sloveni e croati morti
internati. Del campo invece non è rimasto più nulla, perché i
materiali furono riciclati per altre costruzioni.
"Nel nostro vocabolario, esiste un'espressione tanto semplice
quanto potente, che è 'Chiedo scusa'. Che non significa
cancellare il passato, ma chiedere scusa degli errori commessi e
delle vittime innocenti causate. Oggi l'Italia è un Paese libero
e democratico, che ha la forza e la voglia di riconoscere le
azioni ignobili che segnano il suo passato", ha affermato il
presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia,
Mauro Bordin. "Oggi - ha aggiunto - Italia, Slovenia e Croazia
sono tre Stati che dialogano, collaborano e si stimano
reciprocamente. Giornate come questa sono la testimonianza di
come si possa superare quanto di negativo è accaduto e creare
condizioni di collaborazione".
Il sindaco di Gonars, Ivan Diego Boemo, ha richiamato
l'attenzione dei giovani, "affinché capiscano la storia e ne
riconoscano gli errori"; sono seguite le riflessioni di
Antonella Lestani, presidente dell'Anpi di Udine, della
segretaria di Stato presso il ministero degli sloveni
oltreconfine e nel mondo, Vesna Humar, e della console generale
della Croazia a Trieste, Nevenka Grdinic.
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