FERRARA - La perfezione della natura, tra onde impetuose e querce maestose, placide acque lacustri e profili di montagne, cieli plumbei e tramonti infuocati, in un realismo che sulla tela si fa carico di commozione, nostalgia, potenza, sensualità: cattura lo sguardo la retrospettiva su Gustave Courbet dal titolo "Courbet e la natura", allestita a Palazzo dei Diamanti di Ferrara dal 22 settembre al 6 gennaio, la prima dopo 50 anni dedicata in Italia al grande pittore francese.
Circa 50 capolavori provenienti da musei europei ed americani compongono un percorso volto innanzitutto a emozionare, restituendo a chi guarda la varietà di sentimenti che lo stesso Courbet provava nelle sue lunghe sessioni di pittura en plein air ammirando la natura.
Ed è proprio la natura, nel suo manifestarsi, la grande protagonista di una rassegna che rivela il linguaggio pittorico rivoluzionario dell'artista, considerato padre del realismo. Utilizzando la spatola, gli stracci, le dita, trovando soluzioni pittoriche anticonvenzionali che osavano sfidare il gusto accademico, Courbet attraverso le mutevoli meraviglie del paesaggio affermava anche la sua identità e le sue origini. Osservando le coste della Normandia e l'orizzonte infinito del mare, o il verde della Franca Contea, la sua regione natale, tra vallate, sottoboschi e fiumi impetuosi, o ancora riproducendo con pennellate materiche le rocce del Belgio, le scene di caccia e i tranquilli laghi svizzeri (il lago Lemano, dove trascorse il suo periodo da esule fuori dalla Francia per via della vicinanza alla Comune di Parigi), l'artista raccontava molto anche del suo paesaggio interiore. E in questo tripudio di natura, Courbet non dimenticò l'essere umano, riuscendo a immergere ogni figura (splendidi i nudi femminili) in modo spontaneo nel paesaggio. Il pittore amava giocare anche con se stesso e la propria immagine, in mirabili autoritratti da cui traspare la personalità narcisistica e carismatica.
Nella mostra ferrarese eleganti riferimenti geografici sulle pareti 'inseguono' le tele esposte, in un allestimento efficace quanto semplice che dà tutto lo spazio all'impatto emotivo dei dipinti. In ogni quadro si realizza non solo la convinzione di Courbet che "il bello è nella natura" e "appartiene all'arte" (il pittore lo scrisse nella prefazione dell'opuscolo che accompagnava la sua mostra personale organizzata nel Padiglione del Realismo, a margine dell'Esposizione Universale del 1855 a Parigi), ma viene documentata anche la capacità dell'artista di emanciparsi dai canoni classici e di rendere centrale nella pittura moderna un genere, quello del paesaggio, considerato marginale. "Courbet partecipava con tutti i sensi a ciò che vedeva. Osservava il mondo con uno sguardo nuovo, senza i filtri dell'accademia", spiega all'ANSA Maria Luisa Pacelli, curatrice della mostra con Barbara Guidi, Dominique de Font-Réaulx, Isolde Pludermacher e Vincent Pomarède, "teniamo molto a questo progetto: Palazzo dei Diamanti ha una grande tradizione di mostre sulla pittura di paesaggio e Courbet è un grande maestro che ha segnato le generazioni successive".
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