Cosa possono avere in comune un arazzo di lana e seta, un algoritmo generativo e l'estinzione delle tigri? E' folle ipotizzare nuove forme di socialità partendo dallo studio delle barriere coralline? E che suono hanno le mutazioni del codice genetico? Il protagonista di un videogame può aver dubbi sulla propria esistenza? Domande bizzarre, ma risposte non impossibili a scorrere le opere (e le riflessioni) di Re:Humanism - Re:define the Boundaries, mostra collettiva dedicata al rapporto fra Intelligenza artificiale e arte contemporanea, in arrivo dal 5 al 30 maggio al MAXXI, il Museo nazionale delle Arti del XXI secolo a Roma.
Curata da Daniela Cotimbo e realizzata con il sostegno di Alan
Advantage, l'esposizione raccoglie le dieci opere finaliste
della seconda edizione del Re:Humanism Art Prize, più il
progetto firmato da Francesco Luzzana, vincitore dello speciale
Romaeuropa Digitalive Prize, che verrà invece presentato al
festival nell'autunno 2021.
Un viaggio che attraversa temi e
interrogativi oggi di stretta attualità. E che racconta come le
nuove tecnologie diventino non solo mezzo, ma "provochino" nuovo
pensiero. Accade ad esempio con Beneath the Neural Waves 2.0,
ecosistema acquatico in digitale nato dallo studio della
barriera corallina presentato dagli Entangled Others (alias,
Feileacan McCormick e Sofia Crespo). Da una presa di coscienza
ambientale nasce anche Three Thousand Tigers della bolognese
Irene Fenara, che partendo da 3.000 immagini fotografiche di
tigri (ovvero il numero degli esemplari attualmente presenti in
natura) utilizza un algoritmo generativo per realizzare un
arazzo in tessuto, nella tradizionale tecnica degli artigiani
dello stato di Uttar Pradesh, in India. In ABCD1 il collettivo
Umanesimo Artificiale arriva fino alla sonificazione delle
mutazioni del Dna e del gene ABCD1, causa di una rara malattia
neurologica.
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