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Nuovi ritrovamenti nella necropoli di Venafro

Nuovi ritrovamenti nella necropoli di Venafro

Un sito di quasi 20mila metri quadri nella Valle del Volturno

ROMA, 06 settembre 2024, 14:00

Redazione ANSA

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Tra i monti che circondano la Valle di Venafro, in Molise, si cela una vasta necropoli che, scavo dopo scavo, emerge dal passato. Grazie alle più moderne tecnologie e all'antropologia forense le sepolture custodite in quest'area di quasi 20 mila metri quadri iniziano a raccontare la vita di un'epoca lontana. La prospettiva è far luce sugli abitanti che si insediarono in questo pezzo di territorio dell'alta valle del Volturno nel periodo compreso tra il VII e il V secolo a. C. e, quindi, precedente all'epoca a cui si fanno risalire i primi insediamenti sanniti datati intorno al IV secolo. Lo riferisce il coordinatore della ricerca, l'antropologo Vincenzo Giambarbara, del Centro Studi Antropologici della Fondazione Neuromed di Pozzilli che lavora al rinvenimento sotto la supervisione della Soprintendenza per i Beni Archeologici, Belle Arti e Paesaggio del Molise.
    La necropoli, spiega Giambarbara, risale ad un periodo compreso tra il VI e il V secolo a.C. e, sebbene ancora in corso di indagine, sembrerebbe organizzata in aree distinte, forse riconducibile a nuclei familiari, con una o due grandi sepolture centrali e una serie di altre tombe disposte intorno. "Le sepolture - prosegue - presentano tutte un'architettura omogenea con una fossa più piccola spesso rivestita e coperta con lastre litiche e una controfossa più grande scavata intorno.
    I corpi sono sempre deposti in posizione supina, con le braccia distese lungo i fianchi. Il corredo funerario accompagna ogni defunto ed è posto ai piedi dello scheletro o in una nicchia ricavata nella controfossa". Attualmente gli scavi sono sospesi ma la ricerca prosegue in laboratorio sui resti scheletrici degli ultimi individui rinvenuti che gli addetti ai lavori battezzano con nomi di fantasia per restituire loro dignità e per facilitarne il riconoscimento. Per ogni ritrovamento verranno tracciati profili biologici (sesso, età alla morte, statura, etnia), effettuate analisi del DNA, esami radiologici e analisi paleontologiche e paleoepidemiologiche per indagare patologie legate a dieta, tumori e infezioni. Nel laboratorio, dove gli scheletri vengono puliti, ricomposti e analizzati, l'antropologo molisano sottolinea che "scoprire una sepoltura è come aprire una finestra sul passato, una tomba è una capsula del tempo nella quale si conserva oltre al corpo anche elementi utili a ricostruire la storia e l'ambiente in cui essa ha vissuto. Non va considerata solo come l'ultima dimora ma come qualcosa in grado di rappresentare la cultura di chi ha vissuto in quest'area nei tempi antichi diventando, di fatto, un bene culturale". Ci mostra poi uno scheletro, il suo nome è diventato Elena: "è morta a circa 30/35 anni, sepolta con il suo bambino deposto tra le gambe, con la testa rivolta verso l'alto e i piedi verso il basso. Le sepolture bisome (con due corpi) mamma/figlio sono straordinarie, ma questa di Pozzilli lo è ancora di più per la posizione del corpo del bambino. Gli studiosi hanno escluso la possibilità che il bambino sia stato espulso dal corpo della mamma in tomba, si è dunque ipotizzato che il bambino e la mamma siano morti insieme poi deposti nella tomba. Ipotesi avvalorata anche dal rinvenimento di una lastra di pietra posta sulle gambe di entrambi come impedimento simbolico al movimento. Potrebbe riflettere una paura antica del ritorno in vita dei defunti, un timore dei "revenant". Tra gli elementi di corredo posto ai piedi della donna è stato rinvenuto un uovo, emblema di vita usato forse a simboleggiare la speranza o il ciclo della vita e della morte".
    "L'area intorno al Polo didattico e al Parco tecnologico di Neuromed, - spiega Giambarbara - è sottoposta a vincolo diretto dalla Soprintendenza Archeologica già dalla metà del secolo scorso quando, a seguito di indagini di archeologia preventiva e di emergenza, erano state rinvenute le prime sepolture e una serie di fornaci di epoca ellenistica per la ceramica. Le attività archeologiche della Fondazione Neuromed sono iniziati nel 2016 in seguito al ritrovamento dei resti di una Villa romana durante lavori di ammodernamento dei sottoservizi tecnologici, si decise, quindi, di avviare e finanziare una campagna di scavo che fu seguita prima dalla Soprintendenza e successivamente dall'Università di Tor Vergata. La necropoli è emersa nel 2022 durante le attività di archeologia preventiva per la piantumazione di una siepe. Da quel momento la Fondazione ha deciso di dotarsi di un Centro studi antropologici per il coordinamento dei lavori di scavo e le successive attività di ricerca multidisciplinari. Attività che saranno meglio illustrate durante la presentazione alla stampa in occasione delle Giornate Europee della Cultura alla fine di settembre". La necropoli si trova nella porzione più occidentale del Molise che fino alla fine dell'800 faceva parte della Provincia di Caserta, la cosiddetta "Terra di Lavoro", e, quindi, aveva rapporti strettissimi con il territorio capuano. La zona è ricca di evidenze archeologiche per la presenza dell'Acquedotto augusteo del Volturno, di almeno quattro Ville romane, di sepolcreti e dei resti di un vasto impianto termale presso le sorgenti di acqua sulfurea che all'epoca della scoperta fu denominato Terme di Agrippa.
   

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