Donna, di circa 42 anni, libera
professionista ed estremamente formata (molto spesso ha
conseguito oltre alla laurea anche dottorato e
specializzazione), che guadagna annualmente tra i 25 e i 30mila
euro, dunque poco al di sotto degli stipendi medi nazionali.
È l'identikit dell'archeologo italiano del 2024 stando al primo
dato emerso dalla ricerca Discovering the Archaeologists of
Italy 2024, condotta dalla Confederazione Italiana Archeologi
(CIA) e presentata in occasione del convegno "20 anni di CIA,
20 anni per l'archeologia - Dal Codice al Cantiere: base
normativa, prospettive di sviluppo e crescita professionale".
Le analisi, fondate su una base statistica molto ampia (più di
1.250 risposte su un campione stimato di circa 4.200 archeologi
attivi in Italia), rilevano dunque ancora una prevalenza
femminile, sebbene la presenza maschile sia in aumento: la
differenza percentuale tra uomini e donne si è infatti ridotta,
passando da un rapporto di 70/30 a quello attuale di 64/36.
Nonostante l'archeologia venga ancora percepita da molti come
una professione "per le donne", la strada per una piena parità
di genere in questo campo è ancora lunga. Analizzando le
retribuzioni, infatti, la ricerca ha evidenziato un persistente
divario tra generi quando si parla delle fasce più alte dei
compensi (da 30.000 fino a oltre i 100.000 euro annui), in cui
troviamo circa il 15% delle donne, contro il 29% degli uomini,
quasi il doppio. Altri dati sui compensi evidenziano i nessi con
il livello di formazione: infatti, ben il 70% degli archeologi
ha una formazione superiore alla laurea, rispetto al 53% del
2014, mentre i soli triennalisti sono rimasti come 10 anni fa
intorno al 6%. Sono dunque i laureati che negli ultimi 10 anni
hanno investito sulla propria formazione, con il 42% che ha un
diploma di specializzazione, il 15% un dottorato e il 13%
entrambi i titoli.
Dal punto di vista salariale sembra essere il dottorato la
chiave per le retribuzioni più alte, in una percentuale
decisamente maggiore al diploma di specializzazione. I
possessori della sola laurea triennale sono, invece, anche
quelli che mediamente hanno retribuzioni più basse. Per quanto
riguarda i contratti, crescono quelli a tempo indeterminato: nel
2024 sono il 30,1% rispetto al 16% del 2014, mentre l'11% sono a
tempo determinato (rispetto al 14% del 2014). Il 58,9% degli
archeologi è invece un free lance (contro il 43% del 2014):
nello specifico, il 52% lavora con la partita Iva (il 31,9% dei
quali da più di 10 anni), il 5,4% lavora da collaboratore senza
partita Iva. Infine, il 22% è dipendente di un'amministrazione
pubblica, il 17,9% dipendente nel settore privato.
Buone le notizie sulla disoccupazione: solo il 2,6% infatti
si dichiara disoccupato, contro il 28% del 2014, in piena crisi
economica. Nel complesso, la professione appare quindi
decisamente più stabile di 10 anni fa, elemento che contribuisce
più di ogni altro alla lettura positiva della situazione
attuale, una circostanza che sembra aver inciso positivamente
sulla qualità della vita dei professionisti, meno soli di 10
anni fa e più propensi a mettere su famiglia (il 33,15% dichiara
di avere figli, rispetto al 19% del 2014).
Dati decisamente più negativi sono invece quelli che emergono
sul tema delle molestie sul lavoro, con più di un archeologo su
5 che dichiara di averne subite. Anche qui pesa il divario di
genere: sono infatti per lo più donne le professioniste che
riferiscono di molestie. Nel 60% dei casi si tratta di episodi
che causano stress e ansia sul luogo di lavoro, ma solo il 27%
denuncia. Per quanto riguarda gli autori delle molestie
(soprattutto verbali) sembrano essere esterni al gruppo di
lavoro degli archeologi.
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