(di Mauretta Capuano) E' un po' meno roseo lo sguardo di David Grossman sulla pandemia che in un primo tempo il grande scrittore israeliano credeva ci avrebbe fatto tornare più umani.
"Quando è scoppiata ho pensato che ci avrebbe reso più attenti a
come usiamo il nostro tempo e che sarebbe riuscita a mostrare
alle persone quali sono le cose più importanti della vita.
E
invece ha prevalso l'ignorare, lo scappare, il non pensarci"
dice Grossman a Roma per l'eccezionale incontro in anteprima,
condotto da Marino Sinibaldi, della fiera della piccola e media
editoria 'Più Libri più liberi' dedicata al tema della Libertà,
che si inaugura il 4 dicembre alla Nuvola dell'Eur.
"Non so se abbiamo capito fino in fondo come quello che è
accaduto ci ha cambiato, come modificherà i rapporti con gli
altri, come influirà sulla nostra idea di mortalità. E' un atto
di resistenza. Io ho conosciuto la disperazione totale in altri
momenti della mia vita. Per me la capacità di sperare è questo:
lanciare un'ancora verso il futuro e poi aggrapparsi alla cima
dell'ancora e tirarsi fuori. Abbiamo capito molte cose di questa
pandemia sul versante medico, sanitario, ma ci sono tante altre
cose che non abbiamo capito" spiega Grossman, in Italia con
l'ultimo libro uscito nel nostro Paese 'La vita gioca con me'
(Mondadori).
In prima fila nella sala del Maxxi che ospita l'appuntamento un
altro big della letteratura, Jonathan Safran Foer, il 20
novembre protagonista della seconda anteprima della Fiera che lo
ascolta attento e lo applaude.
"'Il tuo libro 'Vedi alla voce: amore' mi ha cambiato la vita
nel senso che mi ha dato improvvisamente la sensazione di ciò
che era possibile. Io che insegno dico sempre ai miei studenti
dovete obbligatoriamente mettervi nei panni, sentire, provare
una mancanza disperante. Però attenzione perchè ci sono due tipi
di disperazione: una è quando dici non riusciremo a fare niente
di valido, l'altra è la disperazione che ti fa dire nessuno fa
mai niente di valido. Quest'ultima non va bene" dice Safran
Foer.
Grossman il 21 novembre sarà a Bookcity a Milano, il 22 novembre
a Omegna per ricevere il Premio Letterario 'Della Resistenza'
Città di Omegna e il 23 novembre a Brescia dove al Teatro
Sociale andrà in scena, dopo il debutto milanese, il primo
spettacolo teatrale in Italia tratto da un suo libro 'Caduto
fuori dal tempo' (Mondadori), con progetto, adattamento, regia e
interpretazione di Elena Bucci e Marco Sgrosso e Simone Zanchini
dal vivo alla fisarmonica.
Ma c'è un libro che l'autore di 'Vedi alla voce amore' associa
alla libertà che sarà la domanda per tutti gli ospiti della
fiera?
"E' quasi impossibile rispondere. Non si può mai dire un solo
libro. Forse la prima volta che ho avuto questa sensazione di
liberazione è quando ho letto lo scrittore ceco Bohumil Hrabal.
Un autore che scrive a tutto campo, che non cerca mai di
ossequiare, adulare e compiace nessuno. Un'esplosione di
fantasia, eroismo, sessualità. Mi ricordo una sensazione di
sollievo quando lo ho letto, avrò avuto 18-19 anni e ho pensato
'si, si può scrivere così'. Un altro libro che mi ha cambiato è
stato 'Zorba il greco' di Nikos Kazantzakis e poi il grande
scrittore Bruno Schulz. Quando lo ho letto è come stato se
qualcuno mi avesse aperto gli occhi. Un'esplosione di fantasia e
immaginazione straordinaria" racconta Grossman. E aggiunge che
da queste letture "più che ispirato è stato ricreato da capo.
Adesso mi succede meno però mi piaceva tanto l'epoca in cui una
lettura mi aiutava a decollare".
Ma anche scrivendo un libro ci si libera? "Quando scrivo un
romanzo tutti i personaggi che creo devo conoscerli e capirli,
anche se sono odiosi, se fanno cose orribili. Non puoi ignorare
lo sguardo dell'altro" dice lo scrittore. Vale per la scrittura,
per la vita, per il rapporto tra israeliani e palestinesi: "se
riuscissimo ad ascoltare veramente, a esporci, a denudarci
difronte alla storia dell'altro, non dico del nemico, senza
credere mai che questo ci distrugga, riusciremo perlomeno a
creare qualcosa che comprenda entrambi i punti di vista. La
chiave è la resa totale. Quando scrivevo 'A un cerbiatto
somiglia il mio amore' ci ho messo anni a entrare in contatto
con la protagonista, una donna, mi sembrava di non riuscire a
conoscerla così ho deciso di scriverle una lettera. Bisogna
permettersi di farsi portare via dal personaggio".
Durante il lockdown, Grossman ha scritto e letto ma si è dato
una regola: "scrivere per bambini e leggere solo scrittori più
vecchi di me. In quei momenti di pesantezza, timore, paura,
disperazione, quando la gente si sentiva compressa e ristretta
in tutto noi che scriviamo potevamo allargarci, ampliarci. La
scrittura ti da modo di trovare un luogo di gioia e profondità.
Ti libera dalle regole della natura".
In 'La vita gioca con me', un viaggio nella memoria e nella
storia di tre donne indimenticabili: Vera, Nina e Ghili, quello
che piace allo scrittore "è che queste tre donne trovano un
modo di convivere con un grande trauma, non lo negano ma si
rifiutano di farsi intrappolare. Riescono ad ammorbidirlo e
questo consente di tornare l'una nell'altra. Questa è la
principale lezione che ho imparato da questo libro" afferma
esile e delicato Grossman.
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