CLAUDIO PASI, AD CÔ DA VIÈL (RONZANI EDITORE, PP 136, 12 euro) Tra i suoi lavori c'è anche il latino di Catullo tradotto in dialetto bolognese.
O meglio, nella variante in uso nella parte nord-orientale della provincia, classificato come "rustico orientale" dal glottologo Daniele Vitali.
E' questa la lingua
lirica di Claudio Pasi che ha scritto 'Ad cô da vièl' ("In fondo
al viale"): è l'ultimo libro-raccolta in sei sezioni, realizzato
dall'autore nato a Molinella (Bologna) e residente a
Camposampiero, in provincia di Padova. Il titolo si riferisce
alla sua casa natale, che compare nella foto di copertina, alla
fine del viale alberato di un villaggio industriale eretto negli
anni Venti.
"In buona parte dei casi, una poesia nasce dalla memoria o
dall'impressione di un'altra poesia, e in un certo senso le ridà
vita e la completa. Così per i versi in esergo e per il passero
di Catullo", ha raccontato Pasi in un'intervista per
CartaCarbone, festival letterario di Treviso che negli ultimi
due anni si è svolto da remoto. Nel volume si passa da testi
incentrati sulla memoria, con scene d'infanzia e di prima
adolescenza, che hanno come sfondo la minima geografia
personale, ad altre poesie sulla fascinazione delle lingue.
Spazio poi a 'E pò dòpp' ('E dopo'): 16 poesie dove la lingua
anteriore del dialetto rimane in sospensione tra memoria del
passato e riflessione sull' "appressamento della morte", quindi
altre 11 di 'Sucuànt Animèl' (Alcuni animali), una sorta di
bestiario della memoria, con l'esperimento di una traduzione in
dialetto del carme 3 di Catullo. E dopo 'Rémm' ('Rime') si
chiude con 'Inprèst' ('In prestito') che comprende tre versioni
in dialetto bolognese: da Parole povere, il testo forse più noto
di Pierluigi Cappello ai dieci Mistieròi ('Piccoli mestieri') di
Andrea Zanzotto, in trevigiano, tratto d'unione fra tradizione
popolare e colta, e omaggio di Pasi al dialetto della regione in
cui ormai da tempo vive; infine, un brevissimo testo di anonimo
irlandese del IX secolo, tradotto dalle versioni in inglese dei
due poeti Seamus Heaney e Ciaran Carson: pochi versi per un
piccolo merlo che, proprio come quello di Heaney (The Blackbird
of Glanmore), prende qui le sembianze di un saltellante nunzio
della morte.
"Il dialetto - racconta Pasi a CartaCarbone - io l'ho
ricostruito attraverso la memoria, mettendo insieme i frammenti
di ricordi linguistici dell'infanzia o della prima adolescenza,
affiorati quasi proustianamente, in modo involontario. Una
lingua che, inaspettatamente, mi sono reso conto di conoscere,
anche se si tratta di una lingua sommersa, altra, anteriore".
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