Mehta il suo "papà musicale",
Sinopoli "mentore della bacchetta e un amico che ho sempre con
me", il rigore ma pure la simpatia di Muti, Abbado che lo volle
nella neonata orchestra del Festival di Lucerna. Senza
dimenticare Enrico Sciarra, suo maestro al conservatorio a
Livorno, a sua volta allievo del grande Antonio Abussi: "Sono un
po' l'erede della scuola dei vecchi dinosauri" commenta
sorridendo Domenico Pierini, primo violino del Maggio musicale
dal 1 novembre ufficialmente in pensione: aveva 18 anni quando
suonò per la prima volta con il Maggio in una produzione storica
di GurreLieder di Schoenberg con Mehta e il grande attore Klaus
Maria Brandauer e sempre Mehta lo invitò stabilmente a 21 anni
con l'Orchestra fiorentina. Fu lui poi a sceglierlo come primo
violino di spalla, ruolo ricoperto dal 1990 a oggi.
Con il maestro indiano si sono 'salutati' in scena lo scorso
6 ottobre, quando Mehta è tornato a dirigere al Maggio: "'Io non
ti dimentico', mi ha ripetuto più volte" racconta Pierini.
Sabato 26 ottobre invece l'ultima esibizione come orchestrale
del Maggio, con Gatti sul podio. In entrambi i concerti Pierini
aveva nel taschino un fazzoletto rosso esibito nelle occasioni
speciali. E quella di sabato "è stata una grande, memorabile
serata, anche per l'esecuzione: sembra che l'Orchestra sapendo
che era la mia ultima esibizione sia stata più partecipe e
appassionata di sempre". E poi il pubblico: "Quando sono entrato
in scena un boato, un'empatia che mi ha reso felice: quando si
fa musica non c'è bisogno di parole per sentire quello che sta
per accadere". Lunghissimi gli applausi alla fine, accompagnati
dagli abbracci con Gatti e dai suoi ringraziamenti a tutti.
"Grandissimo direttore" commenta Pierini che in mente ha però
sempre il suo "papà musicale", Mehta: "Mi ha dato fiducia fin
dalla prima audizione, avevo 18 anni, vide in me qualcosa, non
so, del talento", spiega con un tono quasi incredulo,
probabilmente perché, per le tante emozioni, ancora si sente
come "nella centrifuga di una lavatrice" anche se afferma di
aver "deciso di stendere i panni". "Devo la mia carriera alla
fiducia e al lavoro fatto insieme a Mehta, rimane il mio punto
di riferimento con tutto il rispetto per tutti gli altri
direttori con cui ho suonato", tra cui Luisi, Ozawa, Sawallisch,
Giulini, Previn, Abbado, Muti, "un'altra colonna portante" e di
cui ricorda anche la consuetudine, quando erano in tournee con
la Filarmonica della Scala in Asia, di ritrovarsi davanti ai
camerini a fumare: 'Pierini, Pierini fumiamoci insieme una
sigaretta' mi diceva".
E poi Sinopoli, "il mio padrino per la bacchetta": Pierini si
è dedicato anche alla direzione, che negli ultimi anni ha però
un po' lasciato. "Con Sinopoli - ricorda - ci davamo del tu. Un
grande intellettuale: studioso, compositore, medico, si stava
per laureare in archeologia. Quando lo conobbi avevo 30 anni, mi
ha aperto cento universi tutt'ora aperti, ho imparato
tantissimo, soprattutto lo studio della personalità dei
compositori". Proprio una "bellissima bacchetta d'argento" e una
"Made in India" sono state il regalo della sua Orchestra del
Maggio: "Forse vorrà dire che devo ricominciare? Spero siano di
buon auspicio". Tra i doni anche "la partitura della Manon
Lescaut che amo da morire, ultima opera diretta da Bartoletti al
Maggio quando io ero spalla, da allora non più eseguita".
Intanto al Maggio augura "un futuro meraviglioso e
scintillante come lo furono gli anni dal Novanta al primo
decennio del 2000, se lo merita". Per il suo immediato futuro
ci sono invece molti progetti tra i quali i video: sta per
editarne uno del Quartetto del Maggio e vuole dedicarsi a lavori
che coniughino il suono con le immagini della natura. "Ma la
musica resta il mio centro di gravità, non appendo i guantoni".
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