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In evidenza
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(di Paolo Petroni)
CLAUDE LEVI-STRAUSS, ''BABBO NATALE
GIUSTIZIATO'' (SELLERIO, pp. 110 - 13,00 euro - Traduzione di
Clara Caruso) - Un Babbo Natale sorprendente, raccontato da uno
dei padri dello strutturalismo e dell'antropologia culturale, in
seguito a un fatto di cronaca: sul sagrato della cattedrale di
Digione alla viglia di Natale del 1951 un fantoccio di questo
personaggio dalla grande barba bianca e tutto vestito di rosso
fu impiccato e poi bruciato in un eccesso di dimostrazione di
una fede che si dichiara pura, rispetto alla commercializzazione
e paganizzazione della festa cristiana. Una festa, il Natale,
festeggiato con una risonanza che non c'era prima della guerra e
che è di diretta derivazione dell'influenza esercitata dagli
Stati Uniti. Su queste altro interviene l'articolata
introduzione al libro di Gianfranco Marrone.
Levi-Strauss punta il suo sguardo sui bambini in rapporto a
questa credenza dalle ''coerenti illogicità'', essendo forse
l'unica in cui gli adulti non credono, eppure spingono i bambini
a credervi, facendone dei non iniziati periodicamente riuniti
agli iniziati. La stampa, dopo il fatto, difende Babbo Natale,
che non fa male a nessuno e piace ai bambini e lo studioso
annota che così si sfugge il problema, che non è capire perché
piaccia ai piccoli, ma perché gli adulti lo abbiano inventato:
''non capita tutti i giorni all'etnologo l'occasione di
osservare, nella società in cui vive, lo sviluppo improvviso di
un rito e persino di un culto; di ricercarne le cause e di
studiarne l'impatto sulle altre forme di vita religiosa''.
Il Natale come lo viviamo oggi è festa essenzialmente
moderna, nonostante i suoi caratteri arcaicizzanti e l'albero di
Natale lo si trova menzionato in testi tedeschi e inglesi da
inizio Settecento e, tenuto conto di tradizioni, usi e costumi,
''appare come una soluzione sincretica, che concentra cioè in un
solo oggetto esigenze sino a allora presenti, ma separate:
albero magico, fuoco, luce durevole, verde persistente''. Babbo
Natale è invece creazione del tutto moderna e ancor più recente
è la credenza che lo fa risiedere in Groenlandia e lo studioso
si chiede in quale categoria sia da collocare dal punto di vista
religioso.; ''Non può essere mitico, perché non c'è mito che
renda conto della sua origine e delle sue funzioni; e non è
nemmeno personaggio di leggenda, poiché non è collegato a alcun
racconto semistorico''. Si tratta semmai, nella sua forma
soprannaturale e immutabile, di una divinità, e divinità di una
sola fascia di età, cosa che lo differenzia da una divinità
vera. Conclude così che ''Babbo natale, innanzitutto, è
l'espressione di un codice differenziale che distingue i bambini
dagli adolescenti e dagli adulti'', collegandosi così a pratiche
che gli etnologi legano ai riti di passaggio e iniziazione, che
mettono in evidenza, in questo caso, dietro la contrapposizione
tra adulti e bambini, una contrapposizione più profonda tra
morti e vivi. E su questa contrapposizione interviene
l'antropologo Antonio Buttitta in un suo saggio che chiude il
volume, in cui naturalmente si rimanda anche a tradizioni come
quella siciliana, per cui i regali ai bimbi li portano i morti
il due novembre.
Il discorso quindi si articola in profondità e senso, parla
di storia e tradizione, di religiosità e paganesimo (''Resta da
sapere se l'uomo moderno non possa difendere anch'egli i suoi
diritti di essere pagano''), e Levi-Strauss torna alla cronaca
sottolineando come il clero digionese, volendo distruggere Babbo
Natale, '' non ha fatto altro che restituire alla sua interezza,
dopo un'eclisse di qualche millennio, una figura rituale,
facendosi così carico, col pretesto di distruggere, di provarne
la perennità''.
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