Una rete troppo affollata, iper utilizzata, dove passa l'Alta velocità, convogli tradizionali e dove transitano anche treni merci, molto più lenti e pesanti di tutti gli altri. Una rete che ha visto aumentare il traffico negli ultimi anni, soprattutto nei nodi ferroviari, con più treni in circolazione.
Sono vari, secondo l'esperto Antonio Riva di Ferpress, Agenzia specializzata sui temi delle ferrovie, e il professore Gaetano Fusco, ordinario di Trasporti alla facoltà di Ingegneria dell'Università La Sapienza di Roma, i motivi dei continui malfunzionamenti della rete ferroviaria italiana.
La causa scatenante può essere un chiodo, come avvenne a Roma i primi di ottobre, o un pantografo rotto, come a Milano, fatto sta è che con troppa facilità il sistema ferroviario va in tilt.
Quando un pantografo danneggia, facendola cadere, la linea elettrica di alimentazione il treno deve essere trainato da una locomotiva di soccorso (diesel) per fare in modo che sui binari possa intervenire un "carro soccorso" che in piena sicurezza, e senza alimentazione elettrica, possa ripristinare la linea. Il caso di Milano si è ulteriormente complicato dal fatto che i treni interessati sarebbero stati due.
"C'è un problema innanzitutto nei grandi nodi ferroviari - spiega all'ANSA l'esperto - dovuto all'eccessivo affollamento di treni in partenza e in arrivo in alcuni orari. In questi casi, basta la caduta della linea elettrica, come avvenuto oggi in un orario delicato ovvero di prima mattina, un evento che per la verità può succedere e che di per sè non è grave, per causare un accumulo di ritardo, dovuto al fatto che a quell'ora, ogni pochi minuti, è prevista la partenza di un convoglio".
A questo si aggiunge il fatto che "negli altri paesi europei c'è una linea Alta velocità completamente separata, con una propria rete elettrica e una tensione diversa dalla linea tradizionale. In Italia l'Alta Velocità, invece, è multi corrente, i treni possono partire da una rete ferroviaria tradizionale o da una dedicata all'Av. Questo spiega il perchè per esempio, da Roma a Firenze, la velocità dei treni non supera i 250 km orari mentre da Firenze a Milano arriva a 300 km all'ora. Anche tra Milano e Brescia la velocità è 300 km come lo è tra Milano e Torino mentre tra Bari e Lecce fino a Bologna si viaggia a 220 km e si passa a 300 da Bologna verso le città del nord. Però, come è facilmente comprensibile, questo sistema è più complesso e basta un problema anche banale per scatenare l'inferno", aggiunge Riva.
"I problemi sono soprattutto sui nodi", osserva anche il professor Gaetano Fusco, ordinario di Trasporti alla facoltà di Ingegneria dell'Università La Sapienza di Roma. "Infatti, può capitare un incidente sulla linea e si blocca quella linea ma sul nodo il problema è più critico perchè convergono più linee: basti pensare che nelle grandi stazioni ci sono almeno 24 binari. Il traffico ferroviario è cresciuto molto negli ultimi anni e un treno che deve attraversare un punto di incrocio della linea può essere lungo 250-300 metri ed ha un tempo di occupazione lungo; ci sono, quindi, molte possibili interferenze che vengono programmate ma basta un ritardo che si propaga poi sugli altri convogli. Se l'inconveniente è piccolo il ritardo si può recuperare, altrimenti finisce per accumularsi. Il nodo di Milano Centrale è moderno e sottoposto sempre a manutenzione e controlli ma gli eventi possono capitare. E il fatto che il numero di treni sia cresciuto, comporta che la possibilità di resilienza della rete sia diminuita: sono più facilmente possibili eventi avversi, con un effetto moltiplicativo e non additivo", conclude il docente.
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