La guerra tra le due fazioni del
cartello di Sinaloa, da un lato i Chapitos che fanno capo ai
figli del Chapo Guzmán e dall'altro i Mayitos, che rispondono al
Ismael Mayo Zambada, continua senza sosta dal 9 settembre
scorso, 100 giorni esatti.
Da allora, gli abitanti di Culiacán, la capitale dello stato
messicano di Sinaloa controllano i social media e alcuni
notiziari come se stessero cercando di informarsi sulle
previsioni del tempo ma, in realtà, vogliono sapere se è sicuro
uscire.
Dal 9 settembre sono infatti 600 i morti ammazzati di cui si
ha una registrazione ufficiale, mentre più di 900 le persone
sequestrate dai narcos. In media un omicidio ogni quattro ore,
sei ogni giorno.
"Ci svegliamo e consultiamo i canali di WhatsApp o i gruppi
di Facebook o di WhatsApp — non consultiamo i mezzi ufficiali
perché mentono o nascondono le informazioni — per sapere se ci
sono sparatorie o blocchi, e poi si decide se uscire o meno",
spiega alla rivista messicana Proceso Omar Mancera González,
ricercatore della Scuola di Scienze Antropologiche
dell'Università Autonoma di Sinaloa.
Negli ultimi 100 giorni, le autorità messicane hanno
sequestrato 765 armi lunghe, 140 corte, 249mila proiettili e
almeno 160 granate.
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