Nessuna accusa contro la studentessa iraniana che aveva protestato contro l'hijab obbligatorio spogliandosi all'università: la ragazza è stata ritenuta "malata di mente" e affidata alle cure della famiglia. La magistratura della Repubblica islamica ha annunciato il suo rilascio dall'ospedale psichiatrico dopo che era stata ricoverata nella struttura sanitaria con la forza nelle scorse settimane in seguito all'azione di protesta fatta in strada.
"Dato che è stato stabilito che era malata, è stata riconsegnata alla sua famiglia ed è sotto la loro cura", ha detto il portavoce della magistratura di Teheran, facendo sapere che a causa della condizione in cui si trova "nessun caso è stato aperto contro di lei", né sono stati presi provvedimenti da parte dell'università. Identificata da alcuni come Ahoo Daryaei, una studentessa trentenne che sta facendo un dottorato, la ragazza all'inizio di novembre era stata redarguita perché non indossava correttamente l'hijab mentre si trovava all'Università Azad di Teheran.
In quello che è stato interpretato come un gesto di protesta, la giovane si è poi parzialmente spogliata e ha iniziato a vagare nel cortile dell'ateneo. Le immagini della sua passeggiata in biancheria intima colorata, tra le altre studentesse velate di nero, avevano fatto il giro del mondo, ispirando i movimenti femministi e i critici del regime degli ayatollah, ma subito il silenzio era calato sulla vicenda dopo che la ragazza era stata portata con la forza in un ospedale psichiatrico su ordine dell'intelligence dei Guardiani della Rivoluzione.
Mentre si trovava in ospedale, il suo gesto era stato definito "immorale" dal ministro della Scienza, Hossein Simai Saraf, secondo il quale la ragazza aveva infranto la legge non portando il velo, obbligatorio nel Paese fin dal 1979. Mentre la protesta della giovane è stata ritenuta un gesto di coraggio contro la Repubblica islamica da tante voci della diaspora iraniana all'estero, il governo del regime degli ayatollah ha definito la nudità della studentessa "inaccettabile". Il suo ricovero in ospedale era stato invece ritenuto una forma di "tortura" dall'attivista iraniana Shirin Ebadi.
La Premio Nobel per la Pace, che dal 2009 vive in esilio a Londra, aveva attaccato il governo di Teheran affermando che costringere dissidenti in ospedale "è un vecchio metodo del sistema di repressione", mentre Amnesty International aveva denunciato casi in cui manifestanti ricoverati con la forza in ospedali psichiatrici statali avevano subito torture e abusi di ogni tipo.
L'assenza di notizie dopo il ricovero in ospedale di Ahoo Daryaei aveva fatto crescere preoccupazione e angoscia, soprattutto dopo la violenza subita due anni fa da Mahsa Amini, la 22enne che morì per le percosse subite - sebbene la causa ufficiale del decesso sarebbe una malattia di cui era affetta fin da giovane - dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché non portava correttamente il velo.
Una morte a cui seguirono mesi di proteste anti governative, duramente represse dalle forze dell'ordine. Il caso di Ahoo Daryaei non ha invece provocato, per ora, dimostrazioni di massa in Iran, ma in Europa l'immagine della studentessa parzialmente spogliata mentre cammina con le braccia incrociate nel cortile dell'ateneo è stata utilizzata durante proteste femministe, molto condivisa sui social media ed è diventata un nuovo simbolo della lotta contro l'hijab obbligatorio.
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