Dopo il botta e risposta in Senato a fine anno, sono ancora scintille fra Giorgia Meloni e Matteo Renzi. Questa volta a distanza. Con la premier che in conferenza stampa esprime "condivisione" sulla stretta per i politici sui compensi ricevuti da società extra-Ue, la norma della manovra ribattezzata appunto anti-Renzi. E il leader di Italia viva che rivendica: "Tra il portafoglio e la libertà ho sempre scelto la libertà. Mi auguro che tutti possano dire lo stesso".
Nelle due ore e mezza in cui ha risposto alle domande, è stato uno dei pochi passaggi in cui Meloni ha cambiato registro alzando i toni. "Penso sia normale che si vieti a chi ricopre incarichi di governo o rappresenta gli italiani in Parlamento di prendere soldi da Stati esterni all'Unione europea" ha osservato la premier, sostenendo che sono "tutti di sinistra" i primi ministri che "hanno queste attività all'estero.
"La notizia è che serve una legge per dire quello che il buonsenso, la coscienza e il buon gusto avrebbero richiesto", aggiunge definendo "folle doverlo specificare nella legge ma è stato necessario perché effettivamente è un caso unico. Il senatore Renzi lo sa bene. Perché - ha continuato - non è un caso se il 24 febbraio 2022 si è dimesso dal cda di una società di car sharing con sede a Mosca".
Già nelle scorse settimane Renzi aveva indicato in Meloni, o nella sorella Arianna, il "mandante" dell'emendamento presentato da una deputata di FdI, più volte modificato in sede di esame, e contestato anche dalla Lega, che ha presentato e poi ritirato un ordine del giorno in quella direzione. Alle parole di Meloni è seguita nel giro di un quarto d'ora la reazione dell'ex premier, secondo cui la leader di FdI "ha detto la verità quando ha finalmente ammesso che la norma ad personam è stata fatta contro di me, all'improvviso, per farmi smettere di fare il parlamentare. Quello che io faccio è pubblico, trasparente e regolare. Non riusciranno a buttarmi fuori dalla politica neanche con emendamenti partoriti nottetempo in casa Meloni. Non la accontento lasciando il seggio e continuerò a fare il parlamentare di opposizione rispettando tutte le leggi di questo Paese".
E comunque, rimarca, la premier "ha detto una bugia quando ha detto che le conferenze le fanno solo quelli di sinistra. Theresa May e Boris Johnson, solo per fare due esempi, hanno fatto le conferenze da membri del Parlamento inglese ed esponenti del partito conservatore".
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