È stato commemorato a Trento il
69/o anniversario dalla morte di Giannantonio Manci,
imprenditore, antifascista e partigiano trentino gettatosi dal
terzo piano della sede della Gestapo di Bolzano per sfuggire
alle torture il 6 luglio del 1944. Alla cerimonia, tenutasi alla
Galleria dei Partigiani, sono intervenuti il sindaco di Trento,
Franco Ianeselli, il presidente di Anpi del Trentino, Mario
Cossali, il presidente del Consiglio comunale Paolo Piccoli, il
vicepresidente della Provincia di Trento, Mario Tonina e i
famigliari di Manci.
"Quando è morto Manci non aveva ancora compiuto 43 anni. La
sua non era l'età dell'incoscienza, il suo antifascismo non era
un furore giovanile, anche se giovanile e precoce è stata la sua
partecipazione alla vita pubblica. Con il suo esempio, Manci ci
mette in guardia dai pericoli del fascismo latente, da quegli
elementi essenziali di cui ogni totalitarismo si nutre: la
xenofobia, l'ammirazione per l'uomo forte, l'opportunismo
a-ideologico, la diffidenza nei confronti della cultura che
dobbiamo combattere appellandoci ai valori della nostra
Costituzione", ha detto Ianeselli, ricordando come la biografia
di Manci costituisca "un salvacondotto per il nostro futuro".
Durante la cerimonia, Cossali ha sottolineato l'importanza
dell'eredità lasciataci da Manci, insistendo sulla militanza
democratica e antifascista del capo della Resistenza
trentina."Gli italiani - ha detto - hanno bisogno per rivivere
in libertà di conquistare a se stessi anzitutto un mondo di
onestà politica. Si deve liberare l'Italia non solo dalle
baionette dei tedeschi e dei fascisti, ma anche dalla
corruzione, dallo spirito di compromesso, dall'equivoco
politico, dall'abitudine di transigere sui principi".
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