(di Elisabetta Stefanelli) La scena è vuota, al centro c'è solo un lungo rettangolo nero, lucido, e il resto lo fanno il bianco del Teatro Romano di Spoleto e la luce del giorno che muore.
Mehdi Kerkouche ha portato alla 67/a edizione del
festival dei Due Mondi diretto da Monique Veaute questo suo
Portrait, ovvero ritratto, che a dispetto del titolo è uno
spettacolo decisamente plurale.
Prima di tutto sono otto i danzatori in scena, anzi nove:
quattro donne e quattro uomini, più una.
Quelli della sua
compagnia del resto, il Centre Chorégraphique Nationale de
Créteil et du Val-de-Marne, che raccoglie artisti che vanno dai
20 ai 67 anni, provenienti dalle più diverse esperienze - hip
hop, street jazz, cabaret, circo contemporaneo - così come il
coreografo che ha iniziato imitando dalla tv i video di Prince,
Michael Jackson, Britney Spears.
Ed è proprio la diversità dei caratteri, delle emozioni,
delle età, delle provenienze, insomma appunto il plurale, a
tessere la trama di questo intenso spettacolo che Mehdi
Kerkouche, nei sui 38 anni, ha portato in scena ora per il
Festival dei Due Mondi decisamente con successo, vista
l'ovazione alla fine che ha costretto gli artisti a varie
uscite. Otto danzatori in scena, dicevamo, tutto in grigio, più
una donna dai capelli e dagli abiti bianchi a fare da
contrappunto, in una simbolica veste legata ovviamente allo
scorrere del tempo ma anche alla saggezza, al controllo, alla
dolcezza materna che accoglie.
Quattro donne e quattro uomini, in scena tutti insieme tranne
che per l'assolo di ognuno di loro con toni assolutamente
diversi, per simboleggiare vari sedimenti culturali che sono
propri del lavoro di Kerkouche, ballerino e coreografo francese
di origini algerine proveniente dalla cultura pop, e di grande
popolarità. Tutti elementi coniugati in Portrait dove si va
dalla danza da strada fino a quella mistica, in un crescendo che
entusiasma anche grazie alla musica originale elettro-pop di
Lucie Antunes.
"Ho sviluppato l'idea di riunire in scena un gruppo di
persone che non si sono scelte tra loro, ma che costituiscono un
insieme nel quale le emozioni evolvono di continuo", spiega
nelle note il coreografo. Ed è questo il senso di questo
spettacolo dove, come nella vita, basso e alto, urlo e
abbraccio, amore e odio, cadere e rialzarsi, e poi rimanere
fermi in un piano: ogni sfumatura di ogni relazione diventa
gesto simbolico, intensità pura in cui la parola non ha più
nessun significato e l'essere umano diventa corpo significante
capace di librarsi verso l'alto o di sprofondare nell'abisso, in
ogni caso di rimandare l'immagine di un ritratto che è
profondamente solitario e allo stesso tempo collettivo.
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