"Il 'pastore' è qualcosa di
diverso del mercenario e, purtroppo, il nostro è ancora un tempo
di mercenari. Il pastore è colui che si spende fino a dare la
vita per il bene delle persone che la vita gli ha affidato. E
l'immagine del pastore parla al cuore di tutti, perché tutti
sentiamo il bisogno di riferimenti, guide autorevoli": lo ha
detto l'arcivescovo Ivan Maffeis nell'omelia della festa di
Sant'Ercolano, patrono di Perugia e della sua università,
celebrata, nella chiesa intitolata al santo.
Monsignor Maffeis, oltre a ricordare che "essere pastori vuol
dire avere la forza di stare davanti al gregge, quindi di
guidare", che "è quello che chiediamo al Signore per tutti
coloro che hanno una responsabilità nella nostra Chiesa e nella
nostra città", si è soffermato sulla figura del pastore che "sa
stare anche dietro per incoraggiare, sostenere, per fare in modo
che nessuno resti escluso dal cammino di una comunità".
"Su questo sfondo Sant'Ercolano, con il suo essere defensor
civitatis,. ha evidenziato l'arcivescovo, secondo quanto
riferisce l'archidiocesi - oggi, forse, ci direbbe che per
essere pastori occorre, innanzitutto, essere persone di dialogo.
Occorre interpretare un dialogo che costruisca relazioni sincere
e con tutti", perché "tante volte confondiamo il dialogo con i
nostri monologhi, per cui procediamo su vie parallele. Andiamo a
litigare, a squalificarci sui social aumentando quella
aggressività e quella sfiducia che alla fine sfilaccia la rete
delle relazioni, portandoci tutti a chiuderci nel nostro piccolo
orto".
Mentre, ha commentato Maffeis, "l'autentico dialogo vive di
chiarezza, di quella chiarezza che è impegno anche ad una forma
di linguaggio comprensibile a tutti. È un dialogo che vive di
mitezza sapendo che la verità non s'impone, la verità attrae per
il bene che diffonde. Un dialogo fatto anche di fiducia su
quanto ciascuno, nelle diverse responsabilità, è chiamato a dire
e a fare. Dialogo che costruisce reciprocità, amicizia sociale,
pace e che fa crescere la città".
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