"Il momento è molto
doloroso, stiamo vivendo una notte molto lunga. Però sappiamo
anche che le notti finiscono. È il momento in cui la Chiesa deve
lavorare con tutti coloro che sono disposti a fare qualcosa di
bello e di bene per tutti...". Il cardinale Pierbattista
Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, di passaggio a Roma
racconta ai media vaticani la situazione in Israele, a Gaza e in
Cisgiordania. "La situazione non è cambiata molto rispetto al
passato recente di questi ultimi mesi e con alti e bassi. Gaza
ormai è divisa tra Nord e sud, Rafah e la città di Gaza - spiega
-. Era un periodo in cui, soprattutto al Nord, entravano più
aiuti umanitari. Adesso è tornato a essere un po' complicato.
Manca la carne, ad esempio. L'acqua è problematica e diciamo
che, in generale, la situazione resta molto deteriorata ed è
molto difficile vedere vie d'uscita".
"Non mi sembra che il negoziato porti a nulla e che vi sia un
desiderio reale delle parti arrivare a una conclusione. E questo
è quello che si percepisce, tenendo poi anche presente il fronte
Libano che si sta riscaldando sempre di più. Le prospettive non
sono proprio entusiasmanti", osserva Pizzaballa.
In particolare a Gaza è "distruzione totale. La città di Gaza
è totalmente distrutta quindi le vittime sono tantissime. È
difficile dare delle cifre ma sono numerosissime, e questo è
evidente. È un fatto che le vittime civili sono sempre
tantissime". E "la Cisgiordania è sempre sull'orlo di
un'esplosione, i problemi sono continui, quotidiani
praticamente, soprattutto in alcune zone verso il nord, nella
zona di Jenin e di Nablus. Gli scontri tra i coloni e gli
abitanti dei villaggi arabi sono continui, questo sta creando
una situazione di logoramento che non porterà a nulla di buono",
aggiunge.
In prospettiva, guardando soprattutto alla possibile apertura
di un fronte nord, "il dibattito interno c'è in Israele e c'è
anche in Libano: nessuno vuole la guerra però sembra che nessuno
riesca a fermarla e questo è il guaio. Certo che se si dovesse
aprire il fronte nord, questa sarà sicuramente una tragedia,
soprattutto per il Libano, che rischia di diventare un'altra
Gaza, almeno nella parte sud. Non sono esperto di questioni
militari, però il panorama resta molto teso, sempre sull'orlo di
una di una ulteriore escalation".
Alla domanda sulla fine della guerra e su cosa dovrebbe fare
la comunità internazionale, Pizzaballa risponde che "fare la
pace, in questo momento, mi sembra un obiettivo troppo in là.
Adesso la politica, la comunità internazionale, deve lavorare
soprattutto per fermare il conflitto. Per fare la pace e
arrivare a prospettive politiche più serie ci vorrà sicuramente
molto tempo. La comunità internazionale deve trovare il modo di
far sì che Israele e Hamas fermino il conflitto e si arrivi a un
cessate il fuoco che rappresenti un primo passo verso qualcosa
di più consistente, solido e stabile". Certamente anche "le
elezioni americane avranno un influsso. Credo però che le
soluzioni debbano essere trovate in loco. Tra le due parti. Tra
Israele e Hamas".
E su come si possa ricostruire un tessuto sociale e una
convivenza, "credo che sia presto per parlare di questo, adesso
c'è la guerra in corso e il trauma - conclude il patriarca -. Ci
vorrà tempo per capire l'entità del trauma che ha colpito tutti
e le sue conseguenze. È chiaro che si dovrà ricostruire. C'è una
determinazione a voler ricostruire, questo l'ho percepito molto
chiaramente. Ma in che modo, con quali criteri e con chi? È
ancora presto per dirlo".
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