In Italia le Pmi vengono tassate
120 volte più dei giganti del web. E' quanto sostiene,
azzardando il paragone di Davide contro Golia, l'Ufficio studi
della Cgia di Mestre (Venezia), contro la pratica di trasferire
buona parte degli utili ante imposte realizzati in Italia nei
paesi a fiscalità di vantaggio. Grazie a queste operazioni
elusive, l'erario ha incassato da queste "WebSoft" solo le
briciole.
Se le nostre Pmi pagano ogni anno 24,6 miliardi di tasse, le
25 multinazionali del web presenti in Italia, invece, ne versano
(dati Area Studi di Mediobanca) solo 206 milioni. Le dimensioni
economiche di queste due realtà sono molto diverse, ma, dal
punto di vista degli artigiani mestrini, "il risultato che
emerge è sconsolante". Se le aziende italiane in esame producono
un fatturato annuo 90 volte superiore a quello delle big tech,
in termini di imposte ne pagano 120 volte di più. Se sui nostri
imprenditori grava un tax rate effettivo che sfiora il 50%,
sulle big tech esso si attesta al 36%.
L'Ufficio studi della Cgia ipotizza che solo le imprese
presenti in Molise e in Valle d'Aosta paghino in termini
assoluti meno tasse delle big tech ubicate nel nostro Paese. Se
nella regione più piccola del Mezzogiorno il gettito delle
principali imposte pagate dalle aziende residenti in questo
territorio è pari a 175 milioni, e in Valle d'Aosta a 190, nel
2022 i giganti del WebSoft hanno prodotto 9,3 miliardi di
fatturato e versato al fisco italiano complessivamente 206
milioni. Nulla a che vedere con quanto "contribuiscono" le
imprese lombarde, che invece pagano all'erario 125 volte in più
di quanto versano questi 25 colossi digitali, quelle laziali
56,7 volte in più, quelle emiliano-romagnole 38 e quelle venete
36,8.
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