di Nina Fabrizio
Lo stile Bergoglio, che in un anno di pontificato ha stravolto abitudini curiali e spazzato via consuetudini secolari, era già tutto racchiuso nei primi attimi successivi alla sua elezione, quando si affacciò dalla loggia centrale della basilica di San Pietro. "Fratelli e sorelle, buonasera" esordì un uomo vestito di bianco in modo straordinariamente semplice, senza mozzetta bordata di ermellino, croce argentata al petto al posto di quella d'oro, e privo della stola rossa che avrebbe indossato solo per la benedizione. La folla lo accolse con un boato e il Papa, annunciato con quel nome inedito e carico di premesse com'è Francesco, proseguì con gesti che lasciarono stupiti i milioni di fedeli in attesa del successore di Benedetto XVI. Bergoglio si presentò come vescovo di Roma, chiese la preghiera del popolo per il suo vescovo. Quindi, si inchinò e col capo basso recitò assieme alla piazza il Padre Nostro. Erano circa le 20 del 13 marzo 2013. L'inizio, almeno nello stile, di una nuova era. I cui capitoli cominciano a snodarsi con Bergoglio che torna alla pensione di via della Scrofa per pagare il conto, gira in Vaticano in pullmino assieme agli altri cardinali, conserva ai piedi le scarpe nere con cui era partito da Buenos Aires e l'orologio di plastica al polso, telefona all'edicolante vicino casa per raccomandargli che non gli porti i giornali. Non sono stravaganze da primi giorni. In questi gesti iniziali c'è già tutto il programma di sobrietà che il Papa intende portare avanti col suo manifesto di "Chiesa povera per i poveri". Così Bergoglio rifiuta l'appartamento apostolico (di cui ha precisato: "E' grande, non lussuoso ma è come un imbuto rovesciato") per dare inizio a una vita comunitaria e libera dai condizionamenti di "corte" nel residence vaticano di Santa Marta dove la sveglia suona alle 4 e 45 e il Papa celebra ogni mattina la messa pronunciando omelie quotidiane che non hanno precedenti. Lascia in garage le berline d'ordinanza per utilizzare negli spostamenti dentro e fuori il Vaticano un'ordinaria Ford Focus non blindata, auto nella quale viaggia spesso col finestrino abbassato, salutando i fedeli e rispettando i semafori rossi. Ci andrà anche al Quirinale in visita ufficiale al presidente Giorgio Napolitano il 15 novembre. Una scelta che all'interno dei Sacri Palazzi ha fatto storcere più di un naso tra quanti attribuiscono all'osservanza del cerimoniale anche un significato di rispetto delle istituzioni. Ma Papa Francesco procede per la sua strada smantellando pompa e protocolli da corte reale. Il 7 luglio vola a Lampedusa per denunciare l'indifferenza globale sul tragico destino dei migranti. Lo fa da un altare costruito con i rottami di una barca dove è giunto a bordo di una campagnola messa a disposizione dal parroco. Il 22 luglio, in un'immagine che farà il giro del mondo, sale la scaletta dell'aereo che lo porterà in Brasile per l'evento della Gmg portandosi il bagaglio a mano da solo. Al ritorno, non si concede il classico periodo di riposo dei Papi nelle ville Pontificie di Castel Gandolfo e rimane in Vaticano a lavorare. Alle udienze è instancabile cercando di portare il suo calore soprattutto ai bambini, ai quali dispensa baci e carezze, e a un'umanità che gli sta particolarmente a cuore, quella degli ammalati. Così il mercoledì piazza San Pietro diventa un happening, con uscite che superano le quattro ore e Bergoglio si conquista l'appellativo di "Papa della gente". Le sue telefonate "a sorpresa" ai fedeli che gli scrivono divengono ben presto un tratto distintivo di Francesco che scrive persino al ministero dell'Interno del suo Paese natale per farsi rinnovare documenti e passaporto: vuole viaggiare da argentino. E ancora, ai cardinali che crea nel suo primo concistoro del 22 febbraio, invia una lettera intensa in cui ricorda come vengano chiamati a un servizio e non a un premio, ragione per cui invita anche a festeggiare con sobrietà, senza sfarzo. "Non direi che quelli di papa Francesco siano gesti di rottura - ha spiegato il segretario di stato, Pietro Parolin - ma scelte che corrispondono a ciò che lui effettivamente è". Autenticità è infatti la chiave con cui interpretare i comportamenti del gesuita Begoglio. Se da un lato, infatti, c'è una coerenza verso se stessi da parte di chi da cardinale e arcivescovo di Buenos Aires viveva in un appartamentino di due stanze e preferiva la metropolitana o il pullman all'auto con autista, dall'altro, ciò che interessa a papa Francesco è spingere verso "la conversione dei cuori" anche e soprattutto con l'esempio. Non imporre, né perseguire atteggiamenti demagogici o pauperismi di facciata ma rendere un messaggio credibile a partire dal proprio comportamento personale.