ANALISI La superpotenza, la marijuana e il concilio
20 febbraio, 19:43di Giovanna Chirri
''Entusiasmante, gioiosa profonda''. Diciassette febbraio di un anno fa: Benedetto XVI si esalta per la relazione dell'arcivescovo di New York Timothy Dolan davanti ai cardinali riuniti. Dolan ha letto il Concilio Vaticano II come ''bussola per il cammino della Chiesa di oggi'', indicato tra le ''sfide'' Cina, India, America Latina, Occidente, e tracciato la rotta per la Chiesa del futuro: ''sicuri si', trionfalisti mai''. Dolan, 63 anni, corpulento dalla risata contagiosa, e' considerato un ''papabile'', anche se nei giorni scorsi, a un giornalista che lo interpellava in proposito, ha risposto che chi lo dice ha fumato marijuana. Tra i papabili e' annoverato anche l'arcivescovo di Boston, Sean O'Malley.
Dolan e' considerato un conservatore in politica per le prese di posizione che lo hanno contrapposto alla amministrazione Obama soprattutto sui temi etici, ma e' sulla sua solidita' teologica e lo zelo pastorale che ha puntato Ratzinger nell'annoverarlo tra gli elettori del conclave. O'Malley, 68 anni, dell'ordine dei cappuccini, stile di vita francescano, ha rianimato la diocesi di Boston, uscita rafforzata dopo lo scandalo degli abusi del clero grazie alla linea della fermezza.
Nelle settimane scorse tra l'altro, da Boston e' arrivato in Vaticano il canonista don Robert Oliver, chiamato dal Papa a sostituire Charles Scicluna come promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede, ruolo strategico nella lotta agli abusi. Fino a qualche anno fa sembrava impensabile che un figlio della superpotenza economica mondiale potesse salire al Soglio di Pietro, mentre oggi neppure i latinoamericani storcono il naso di fronte all'idea.
E anche se alla fine non fosse un statunitense a diventare Papa, certo gli americani porteranno creativita' e solidita' di fede per trovare una guida alla Chiesa, sparigliata dalla decisione di Benedetto XVI di rinunciare al pontificato. L'episcopato statunitense con quelli germanofoni, nel passato recente ha protestato con il Papa per la eccessiva ''romanita''' e ''italianita''' non tanto e non solo della crisi indotta da Vatileaks, ma dell'approccio della Chiesa ai suoi compiti e alla sua vocazione universale.
E ''noi Vatileaks non sappiamo neppure cosa sia'', disse lo scorso novembre l'arcivescovo di Manila, Luis Tagle, a Roma per ricevere la porpora nell'ultimo concistoro di Benedetto XVI, nel quale non figurava neppure un europeo. Il Papa il 14 febbraio, nel congedarsi dai suoi parroci, raccontando la propria esperienza del ''Vaticano II'', ha citato i nuovi popoli ''entrati con forza nel Concilio''. ''Non solo gli americani, ma anche l'America Latina'', e poi ''anche Asia e Africa, cosi' - ha sottolineato Ratzinger raccontando la sua esperienza di 50 anni fa - sono cresciuti i problemi che, devo dire, all'inizio noi tedeschi non avevamo visto''. I cardinali elettori sono chiamati a calzare lenti nuove per leggere il dialogo tra la Chiesa e il mondo e in questo la Chiesa nordamericana e' destinata ad avere un peso.