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Dai Borgia ai Barberini, il nepotismo dei papi

11 marzo, 15:39
Jeremy Irons nel ruolo di papa Alessandro VI
Jeremy Irons nel ruolo di papa Alessandro VI
Dai Borgia ai Barberini, il nepotismo dei papi

di Paolo Petroni

Ville e palazzi meravigliosi, e valga per tutti citare Palazzo Farnese di Caprarola e Villa Lante di Bagnaia, sono capolavori che sono giunti sino a noi grazie al nepotismo dei papi, alla loro volonta' di favorire, dare cariche e arricchire i propri parenti, segnando un lungo periodo della storia della Chiesa, in particolare nel XV, XVI e XVII secolo, anche se tale debolezza ha vari precedenti e inizia a spegnersi solo nel Settecento. Fu un fenomeno di tali dimensioni che di nepotismo parlano subito i giornali, quando in qualche modo si assiste a un'ascesa sociale di congiunti del pontefice (ma anche ormai di comuni politici) pure in epoca contemporanea, come accadde con Pio XII. Naturalmente le carte della Chiesa e le riflessioni degli storici sono piene di prese di posizione ora a favore del nepotismo, ora contro, cercando di risalire alle ragioni della sua nascita.

All'inizio, pare, un bisogno di difendere la propria autorita' reagendo, con la nomina di persone vicine e di fiducia, alla prepotenza e indipendenza dei feudatari rispetto al pontefice. Ma col tempo diventa un'abitudine, una sorta di presa del potere appunto, visto che i papi erano spesso esponenti di famiglie aristocratiche e di spicco magari nel tempo in lotta tra loro, cosi' che l'amore della famiglia porto' molti a finire per scambiare il mezzo col fine. Il primo riferimento nepotistico gli storici lo fanno a proposito di Innocenzo III (1198 - 1216), che fece in modo di creare nel Lazio un principato per il fratello Riccardo dei Conti di Segni, ottenendo dal re Federico di Sicilia la Contea di Sora, che venne proprio scissa dal quel regno, divenendo feudo pontificio. Sempre Innocenzo III nomino' vescovo di Ostia e innalzo' alla porpora un suo congiunto, Ugolino, che riuscira' a sua volta a essere eletto Papa, prendendo il nome di Gregorio IX (1227-1241).

Del nepotismo abusa piu' d'uno dei papi avignonesi, come Clemente V e Clemente VI, anche se gia' la capitolazione del conclave del I352 escludeva i congiunti del papa dalla curia e dall'amministrazione dello stato, ma rimase lettera morta. L'eccesso comincia con la confusione e i bisogni creati dallo scisma d'Occidente, tanto che persino Martino V, che dopo l'abdicazione di Gregorio XII, la deposizione di Benedetto XII e la rinuncia al papato di quello che avrebbe dovuto essere Giovanni XXIII, fu eletto nel novembre 1417 e pose fine allo scisma, iniziando anche una bella e energica epurazione in seno alla Chiesa e riportando la propria sede a Roma, in Vaticano (ne promosse la ristrutturazione con i piu' grandi artisti dell'epoca), anche lui viene accusato di aver allargato i domini gia' considerevoli della sua famiglia, i Colonna, ottenendo per propri parenti importanti feudi nel regno di Napoli, con cui aveva necessita' di intessere ottimi rapporti.

A favore del nepotismo, che divenne abitudine ed ebbe bell'incremento nei secoli seguenti, tanto che si parla di ''grande nepotismo'', si esprimono signori e porporati che vedono nella figura del Cardinal nipote un punto di riferimento per il papa, che si trova in posizione isolata, e tramite con i suoi ministri, sostituto che possa sbrigare con fiducia e autorita' molti degli affari correnti. Si va cosi' dagli eccessi dei papa di casa Borgia, dagli abusi di Callisto III ai trionfi di Alessandro VI (1492-1503), ai benefici concessi al proprio figlio naturale e poi al nipote da Paolo III (1534-1549). E nel Seicento e' il Cardinal Barberini (fatto cardinale dallo zio Urbano VIII assieme altri due nipoti, cui dona anche grandi ricchezze e territori) a scrivere a Papa Alessandro VII (1655-1667) che ''assicurandosi con piu' studio la fedelta' quando vi e' annessa la congiunzione del sangue et la identita' di ogni rispetto et fine procedendone molte agevolezze et dispositioni, acciocche' il principe sia ben servito et il suo volere obedito et esequito''.

E Alessandro VII, all'inizio molto lodato per essersi espresso contro il nepotismo, sara' ''costretto'' a fare marcia indietro. Contro il nepotismo naturalmente vengono avanzate nel tempo ragioni morali e critiche spesso all'inesperienza e i guai o prepotenze combinate dai ''nipoti''. Si arriva cosi' a un momento di saturazione e nel 1692 viene pubblicata da Innocenzo XII La bolla, Romanum decet pontificem, che contiene la proibizione ai pontefici di arricchire in qualsiasi modo i loro congiunti, abolendo uffici e dignita' riservate prima a costoro. Cominciarono allora a cambiare le cose e fu fatto obbligo a tutti i cardinali di giurarla allora, e poi ai cardinali e al nuovo papa di rinnovare il giuramento in ogni conclave.

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