Sos opere d'arte, pool ricercatori al lavoro con fondi Ue
Progetto Memori apre nuove collaborazioni Università Pisa-Europa
25 febbraio, 18:03Proprio su questo si concentrano alcune ricerche del gruppo SCIBEC (Gruppo di chimica analitica per la conservazione dei beni culturali) del dipartimento di chimica e chimica industriale dell'Università di Pisa, in collaborazione con alcuni partner europei, come l'Istituto norvegese per la ricerca sull'aria (NILU Innovation AS), la Scuola di conservazione della Royal Danish Academy of Fine Arts e l'Istituto di ingegneria strutturale e biologia molecolare, dipartimento di Scienze Biologiche Birkbeck dell'Università di Londra. La piattaforma di partenza è stato il progetto europeo 'Memori' (Misurazione, Valutazione e Mitigazione dell'impatto degli effetti delle sostanze inquinanti sui beni culturali mobili), realizzato con un contributo Ue di quasi due milioni e mezzo di euro sugli oltre tre complessivi, che dopo tre anni ha messo a punto il prototipo di un "dosimetro" sensibile al clima, ai gas inquinanti foto-ossidanti e agli acidi. Uno strumento che può essere impiegato dai musei, anche con letture dei dati a distanza.
"Noi abbiamo studiato le vernici pittoriche - spiega Ilaria Bonaduce, ricercatrice del dipartimento di chimica dell'Università di Pisa - perché sono la prima barriera che l'opera offre all'ambiente esterno. Un ambiente che accelera il degrado comporta interventi di restauro più frequenti, che non fanno mai bene al dipinto ed hanno dei costi".
Il team di ricerca di Pisa, diretto da Maria Perla Colombini, professore ordinario del dipartimento di chimica, ha scoperto che "anche gli acidi organici sono pericolosi" per le opere e quindi la loro concentrazione, anche all'interno di una teca, va tenuta sotto controllo.
Ma la ricerca sulle minacce ai tesori artistici non è finita e ora l'Università di Pisa punta a nuovi progetti con i partner europei, con i quali si è instaurata una durante collaborazione.
"Abbiamo collaborato nell'esame del legante pittorico delle policromie di una sfinge greca (risalente al periodo 590-570 AC e che si trova al museo danese Ny Carlsberg Glyptotek) - racconta Bonaduce - perché così comprendiamo il degrado dei materiali che costituiscono il dipinto". Conoscere le tecniche serve anche per ricostruire l'aspetto visivo originale di un'opera, "che sarà diverso ad esempio, se dipinta a uovo o a gomma" spiega la ricercatrice. (ANSA).