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Il fotografo: quando bacio' 800 lebbrosi

Arturo Mari: anche da malato non si nascose mai al mio obiettivo

03 maggio, 12:46

di Nina Fabrizio

CITTA' DEL VATICANO - Basta un'immagine, tra le tante, tantissime impresse nella memoria, per dire chi era Papa Giovanni Paolo II. Per Arturo Mari, 27 anni trascorsi sempre un passo avanti a Karol Wojtyla, dalle 6 del mattino fino alle volte alle 10,11 di sera, 365 giorni l'anno, per documentare scatto dopo scatto il pontificato piu' lungo della storia tra viaggi internazionali, incontri con capi di stato, visite a ospedali, orfanotrofi, parrocchie, ostelli, e molto altro ancora l'immagine e' quella del Papa che con uno sguardo amorevole accarezza uno ad uno gli 800 lebbrosi di un lebbrosario coreano.

''Eravamo nell'isola di Sorok Do - racconta Mari all'ANSA -, un luogo dove vivono solo lebbrosi. Il programma del viaggio pastorale era fitto di impegni e di incontri. Percio' era previsto che il Papa visitasse l'isola rivolgendo una benedizione complessiva ai lebbrosi da un padiglione appositamente allestito e poi lasciasse il lebbrosario alla volta dei successivi appuntamenti. Ma non fu cosi'. Giovanni Paolo II volle entrare nel lebbrosario. Io lo precedevo, come sempre, di alcuni metri e a quello spettacolo drammatico non potei fare a meno di coprirmi la faccia con le mani. Il Pontefice, entrando, prima si inginocchio' e si raccolse brevemente in preghiera. Poi, quando il seguito pensava che a quel punto fosse pronto per dare la benedizione e andar via, Papa Wojtyla fece per incedere verso gli ammalati. Un prelato del seguito tento' di fermarlo, perche' non era previsto dal programma che si trattenesse. Il Pontefice lo ignoro' e senza esitazione bacio', accarezzo', tocco', uno per uno tutti i lebbrosi presenti''.

Mari e' stato un testimone privilegiato del pontificato wojtyliano, praticamente l'ombra del futuro beato, di cui ha seguito ogni mossa, ogni espressione, ogni gesto tanto da consegnare all'archivio fotografico dell'Osservatore romano un patrimonio stimato in 6 milioni di scatti. Mari c'era anche quando a Sarajevo durante la guerra, racconta, il Papa senza esitazione ordino' che il corteo di auto con cui viaggiava attraversasse un ponte che, era stato avvertito, poteva essere pieno di mine e saltare in aria. ''Dio e' con noi disse il Papa - racconta Mari - e passammo incolumi''. Del resto, prosegue, ''lui non aveva mai paura: il motto 'Non abbiate paura' lo viveva in prima persona. Era pieno di fiducia in Dio e non vedeva rischi ne' ostacoli. E noi, appresso a lui, eravamo tutti consapevoli di vivere accanto a un santo''. Una consapevolezza, aggiunge Mari, di cui si avevano continue conferme come quella volta che afferma rievocando un episodio che ''pochi sanno'' , ''eravamo sull'aereo diretti in Senegal. Appena fuori dall'Italia, entrammo in una nuvola di ghiaccio e il nostro aereo non riusciva a sbrinare le ali ghiacciate. Da 11.000 metri di quota precipitammo improvvisamente a 1.500 metri. Noi cominciammo a pronunciare le ultime preghiere mentre il Papa rimase tranquillo e continuo' a leggere seduto al suo posto. Poi rivolse lo sguardo verso il finestrino. Fu allora che l'aereo riprese quota e lui prosegui' nella lettura come se niente fosse accaduto''.

Ma com'era fotografare Giovanni Paolo II? ''Semplicissimo'' risponde Mari ''non era affatto difficile cogliere il carisma e l'umilta' che emanava''. Da parte sua, ben consapevole che l'immagine e' un potente veicolo del messaggio, Giovanni Paolo II si concedeva abbondantemente all'obiettivo e non si sottrasse ''mai'' nemmeno negli anni della malattia. ''Chiaramente - spiega il suo fotografo personale - a un certo punto comincio' a esserci una maggior tensione pero' la sua volonta' fu quella di non nascondere com'era poiche' anche in questo modo voleva insegnare ad amare questa sofferenza che lui donava a Dio''. E proprio quando Giovanni Paolo II era al culmine della sofferenza Mari scatto' quella che per lui e' la foto piu' bella, sintesi del pontificato. ''Era per lui l'ultimo Venerdì Santo, nel 2005 - ricorda -. Fu un attimo, riuscii a ritrarlo mentre seduto di spalle, nella sua cappella privata, appoggia la testa al crocifisso e in un gesto di abbandono completo lo bacia. C'e' tutta la sofferenza e tutto l'amore della fede in questa immagine''.

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