Sergio Castellitto
'Ho iniziato per nevrosi'. Cineasta premiato con Pardo alla carriera e omaggio con 5 film
09 agosto, 18:12dell'inviato Claudio Scarinzi
Con un riferimento anche se non esplicitato a Vittorio Gassman – il cinema come ''nevrosi'' – Sergio Castellitto racconta la sua iniziazione al mondo della cinepresa. ''Diffidate di chi dice che vuole comunicare, si vuole avere qualcosa da dire, c'è un desiderio di apparire, di farsi vedere, è un modo di esprimere la propria opinione'', spiega con disarmante semplicità al pubblico del Festival di Locarno che lo omaggia con un Pardo alla carriera e la proiezione di una selezione di cinque film. E anche il passaggio da attore a regista ha qualcosa di traumatico: ''Dopo molti anni di questo mestiere – sottolinea a pochi giorni dai 60 anni felicemente portati – ho svirgolato. Volevo riprovare il panico che al mattino ti tiene in piedi e ho cominciato a scrivere per stare dietro la macchina da presa''. Ed è un tema su cui insiste: ''Oggi pretendo da me di rimanere studente, di non diventare mai professore e forse di essere – ma lo dice con umiltà – inconsapevolmente maestro per qualcuno''.
Castellitto, che accetta di buon grado la definizione di ''attore-cerniera'' fra gli anni Settanta e i Novanta quando i miti stavano finendo la loro carriera per far posto ai giovani talenti, è un pozzo di aneddoti che illuminano anche i grandi del cinema italiano con cui ha lavorato: da Mastroianni, Monicelli e Ferrero a Bellocchio, Tornatore e Archibugi: ''Di Marcello Manoel de Oliveira diceva che era un attore docile, ma non servile. Ecco questa è la qualità dell'attore, quella di piegarsi, ma non completamente. Deve essere come un primo violino: eseguire la partitura manifestando la propria personalità. Durante un film con Mastroianni gli avevano fatto una inquadratura in primissimo piano dove io dovevo mostrare una medaglietta, ma il braccio mi tremava. A un certo punto dal basso sento una mano che mi tiene fermo. Era lui. Ecco cosa è un grande che non parla, ma fa''.
Altre episodio carino ne 'La Famiglia' di Ettore Scola: ''Dovevo interpretare Carletto, il nipote del patriarca: quando sono dovuto andare davanti a Vittorio, che si era fatto sbiancare i capelli, davanti alla porta per un incontro dopo tantissimi anni non riuscivo a tenere bene distese le braccia. Per stemperare la tensione ho detto, fuori copione, 'Eccoci qua'. Mentre Gassman mi guardava stupito, Scola ha fermato le riprese. Pensavo mi volesse cacciare, invece mi ha detto 'Bella questa battuta'. E poi poco prima a Vittorio avevo detto dietro il set, sembri 'un marziano a Roma' per la capigliatura non ricordando che fu un disastro la commedia che si chiamava così. E lui con voce tonante mi ha replicato: 'Infausto insuccesso'''. Castellitto va in chiaro anche sul nuovo modo di vedere i film: ''Oggi i film si guardano anche con lo smart-phone o con lo schermo piccolo di 'Italo' mentre si viaggia. Se il cinema non capisce questo è finito''. Così con il cinema politico: ''Diffidate di chi fa un film politico a priori, c'è più politica in un quadro di Picasso. Solo in Italia si poteva pensare di fare una discarica vicino a Villa Adriana a Tivoli. E questa gente poi dovrebbe finanziare la cultura. Dirò una cosa che potrà disturbare, ma il primo Andreotti ha fatto di più per il cinema di tanti ministri che sono venuti dopo''