"2666"
A sei anni dalla morte Roberto Bolano diventa scrittore di culto
11 gennaio, 19:39di Paolo Petroni
ROBERTO BOLANO, scrittore cileno non facile ma di fascino, coinvolgente e impegnato, e' ormai diventato un autore di culto, nel mondo e anche in Italia, ma non ha avuto la possibilita' di godersi questa popolarita', visto che e' morto a soli 50 anni nel 2003.
Dopo l'uscita postuma di quello che e' considerato il suo capolavoro, '2666', romanzo in cinque parti pubblicate ora da Adelphi in edizione economica in un unico volume (pp. 966, 22,00 euro), l'editore che lo ha scoperto nel nostro paese, Sellerio, rimanda in libreria l'ormai classico 'I detective selvaggi' (pp. 844, 20,00 euro), dopo aver iniziato nel 1998 con 'La letteratura nazista in America', titolo saggistico che nascondeva un affresco sarcastico di vite immaginarie.
Intanto, specie su Internet, fioriscono leggende attorno alla persona di Bolano, che lo dipingono come scrittore maledetto e contestatore, ''il Kurt Cobain della letteratura'' e comunque una sorta di beat. Ma in Sudamerica l'approccio critico e' ben diverso e serio, semmai con correlazioni ai grandi classici europei e in particolare a Balzac, per la complessita' del ritratto che offre della sua realta' contemporanea, e Proust, per quanto di personale e suggestivo vi fonde, aggiungendovi quella nota visionaria propria della sua terra.
Il rapporto tra realta' e fantasia, tra invenzione e verita' e' uno dei temi centrali dell'opera di Bolano, che in '2666' affronta la realta' quando supera la fantasia, documentando disordine e nonsenso del mondo. Si narra e si viaggia tutti verso Santa Teresa in Messico, la cittadina che allude all'incubo vero di Ciudad Juarez, dove dal 1993 sono state uccise centinaia di donne: ''Un'oasi d'orrore in un deserto di noia'', stando all'epigrafe da Baudelaire di '2666'.
''Noioso'' ripetuto tre volte e' del resto la definizione che da' del deserto che circonda Santa Teresa Benno von Arcimboldi, protagonista del romanzo, poco noto scrittore tedesco amatissimo da quattro critici europei, compreso l'italiano Piero Morini in sedia a rotelle, che sono alla sua ricerca.
La verita' e' che '2666' e' una sorta di universo, di cui replica il caos, la casualita', il sincretismo, e assieme la varieta' e soprattutto l'orrore, quest'orrore con cui tutti, piu' o meno coscienti o incoscienti, convivono e che sta dietro questo puzzle di storie, di vite, che rimandano a altre vite, di gesti e azioni che rimandano a altre o sono misteriose, ovvero senza senso, appunto come l'esistenza stessa. Non molto diversamente accade in 'I detective selvaggi', con le labirintiche peripezie di un gruppo di giovani poeti messicani che si definiscono ''realisti viscerali'' e sono dediti piu' che altro a strampalati eccessi, pretesto per descrivere l'impossibilita' di sopravvivenza degli ideali giovanili in un mondo dagli orizzonti sempre piu' angusti. Romanzo fluviale e corale assemblato in tre parti (quella di mezzo si svolge molti anni dopo le altre due), passa per diversi ambienti e personaggi, cambiando spesso ottica, in una odissea spiazzante, il cui oggetto evidente sono soprattutto quegli intellettuali che patteggiano con il potere e cercano il successo appiattendo ogni vero valore umano e artistico.
L'abilita' di Bolano e' nel riuscire a rendere in buona parte coinvolgente questi suoi magma ribollenti, a far si' che non risultino incomprensibili pur essendo talvolta indecifrabili, grazie alla potenza della sua bella scrittura e all'invenzione di grandi, emblematici personaggi cui riesce dare vita vera.
Il lettore, quindi, non deve temere il disgregarsi di queste storie; deve anzi essere un lettore capace di perdersi, che sara' ora affascinato ora respinto, ma non deluso, alla fine, per l'impegno che gli e' stato richiesto.