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Rumiz, gli intellettuali non possono più chiamarsi fuori

Rumiz, gli intellettuali non possono più chiamarsi fuori

Premio Campiello alla Carriera, la politica perde vocaboli

VENEZIA, 21 settembre 2024, 17:37

Redazione ANSA

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(di Mauretta Capuano) Scrittore, viaggiatore, Paolo Rumiz, Premio Campiello alla carriera 2024, invita gli intellettuali a "smetterla di guardarsi l'ombelico". A poche ore dalla finale della 62/ma edizione del Premio Campiello, il 21 settembre al Gran Teatro La Fenice di Venezia dice: "qui sento l'odore e la fisicità del libro che è una cosa che ci consente libertà in un mondo un cui incombe la rete". "Siamo arrivati - spiega Rumiz - a un momento della nostra storia in cui non basta più fare letteratura, bisogna fare narrazione. Non possiamo più rispondere alle ragioni della pancia con l'intelletto, ma con il cuore. L'intellettuale non può chiamarsi fuori, è quasi osceno".
    La politica, specialmente tra le "anime belle" della sinistra, sta perdendo vocaboli. C'è una emorragia di termini che molto spesso si trasferiscono in modo indolore dall'altra parte del quadro politico. Il compito dello scrittore è quello di rifornire di parole il quadro politico per consentirgli di riempire il discorso di emozionalità" dice Rumiz.
    "La sinistra europea, i partiti democratici devono ritrovare la capacità di comunicare con il cuore, organo fondamentale della letteratura" spiega l'autore di libri come Il bene ostinato, Trans Europa Express e Ombre sulla corrente.
    Deve trovare "anche una capacità di ironia che sembra completamente avere perso e che mi ha illuminato quando ho sentito quella meravigliosa risata di Kamala Harris difronte a certe enormità dette da Donald Trump. Questo manca.
    Seppelliamoli con una risata. Manca soprattutto una direzione da comunicare. Non si può vivere contro, continuamente contro.
    Tu ti definisci con il pubblico dal momento in cui dici chi sei e in che direzione vuoi andare. Mentre noi ci limitiamo a contrapporci, non basta. La mia non è soltanto una critica a una destra che sta scivolando in modo illiberale e preoccupante, ma anche nei confronti di una sinistra che non sa narrare, cioè usare l'arma fondamentale della narrazione" sottolinea.
    Il Premio va a Rumiz "per una vita di scrittura, viaggi, impegno civile e legami con questa terra e l'Europa" ha spiegato Walter Veltroni per quattro anni consecutivi presidente della Giuria dei Letterati.
    "L'esperienza più longeva nella storia del premio. Sono grato.
    Sono stati quattro anni di lavoro in totale autonomia e indipendenza. Nessuno dall' interno o dall'esterno ha cercato di influire sulle scelte fatte. La giuria può rivendicare che il prestigio del Premio è ulteriormente cresciuto. Siamo stati una giuria che ha scelto, ma il giudizio finale è dei lettori" ha detto Veltroni annunciando che questo sarà l'ultimo anno da presidente della Giuria dei Letterati. Con la 62/ma edizione si conclude anche la presidenza di Enrico Carraro alla Fondazione Il Campiello e a Confindustria Veneto. "Io e Walter abbiamo fatto questa magnifica esperienza. Il Campiello sarà sempre più bello" ha detto Carraro nel suo saluto.
    Rumiz ha anche raccontato di aver appena finito un viaggio europeo in cui ovunque, da Madrid a Berlino, da Strasburgo a Napoli ha sentito lo stesso bisogno di narrazione. C'è un vuoto spaventoso in cui è caduta l'opinione pubblica per assenza di narrazione. C'è un vuoto narrativo da riempire e questo è il compito degli scrittori che dovrebbero mettere parole nuove e una tonalità nuova nel discorso politico" dice Rumiz che vive in Slovenia, a due chilometri dal confine. "La frontiera è un sismografo fondamentale di tante cose che accadono. Sotto casa mia passavano i profughi ucraini, gli afgani e ora, l'ultima ondata, sono i bengalesi. Vedo queste persone, gli do da mangiare e da bere prima che passino il confine e veder piangere questi ragazzi nel momento in cui vedono il mare dall'altra parte della collina è una cosa che mi ha profondamente colpito. Non ho mai visto politici o gente comune commuoversi quando sentono il profumo dolce della patria.
    Ma lo sappiamo dove viviamo? Il privilegio che abbiamo di vivere in Europa? Sappiamo quanti diritti sono ancora garantiti? " afferma lo scrittore.
   

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